IL FORO DI TRAIANO E LA COLONNA ONORARIA DI TRAIANO

Tra il 101 e il 107 d.C. l'imperatore Traiano sconfisse e ridusse in schiavitù la popolazione dei Daci stanziati nell'area della attuale Romania. Il benessere economico che seguì a tali eventi si tradusse anche in una intensa attività edilizia, che raggiunse la sua acme nella costruzione del foro di Traiano, nel quale si realizzò l'apoteosi dell'esercito e dell'imperatore soldato.

La costruzione del complesso monumentale fu finanziata con parte del bottino proveniente dalle guerre daciche e il progetto venne affidato, secondo le fonti storiche, all'architetto dell'imperatore, Apollodoro di Damasco, noto per opere di alta ingegneria civile e militare.

L'architetto ripropose nel foro molte caratteristiche dei fori che avevano preceduto la costruzione traianea ma nello stesso tempo vi introdusse anche delle sostanziali innovazioni tra le quali la più importante fu certamente la collocazione di una basilica, la Basilica Ulpia, trasversalmente lungo il lato di fondo della piazza, al posto del Tempio. Si trattò indubbiamente di un'importazione dalle provincie nordiche ma costituì soprattutto un ulteriore riferimento ai costumi militari attraverso lo schema dei Principia, le piazze centrali degli accampamenti legionari spesso chiusi su un lato da un edificio basilicale.

Il complesso monumentale misurava circa mt. 300 x 180 e l'ingresso principale doveva essere collocato al centro del lato corto meridionale, a ridosso del portico nord-ovest del foro di Augusto. Tale ingresso è raffigurato spesso su monete di età Traianea e la descrizione ricorre anche nelle fonti, soprattutto in Cassio Dione.

L'area della piazza misurava circa mt. 120 x 90, pavimentata con bianche lastre di marmo, fiancheggiata sui lati lunghi da portici, e si concludeva a nord con la maestosa facciata della Basilica Ulpia.

Al centro della piazza sorgeva su un'alta base la statua equestre in bronzo dorato dell'imperatore, l'Equus Traiani simile alla statua di Marco Aurelio sulla piazza del Campidoglio. L'opera era andata perduta fin dall'antichità, ma attraverso le fonti e soprattutto lo storico Ammiano Marcellino apprendiamo che aveva una tale imponenza da sbalordire l'imperatore Costanzo II (337-361 d.C.), il quale volle essere effigiato a Costantinopoli in una replica della statua equestre di Traiano.

Anche i portici laterali mostravano una articolazione particolare: erano posti ad un livello più alto di quello della piazza e presentavano un prospetto costituito da trenta colonne in pavonazzetto, marmo bianco venato proveniente dall'Asia Minore, sulle quali poggiavano capitelli corinzi che reggevano una trabeazione con fregio riccamente decorato.

Al di sopra della trabeazione era posto un attico il cui aspetto è tuttora controverso mentre è certo che vi trovavano posto, in corrispondenza delle colonne, anche delle statue colossali dei Daci prigionieri. Alcuni esemplari di queste statue sono oggi custoditi in varie collezioni di antichità in tutto il mondo, oltre che nei depositi dei Fori Imperiali e sull'arco di Costantino.

Il monumentale prospetto dei portici era concluso da basi in marmo bianco che recavano scolpiti sulla faccia anteriore i nomi delle coorti e delle legioni che avevano partecipato alle guerre daciche, nonché le insegne militari bronzee dei diversi reparti. Nei muri perimetrali dei portici si aprivano in posizione centrale due grandi esedre di oltre 40 metri di diametro, pavimentate con tarsie marmoree in marmo pavonazzetto e giallo antico.

Il fondo della piazza era sbarrato dalla monumentale facciata della basilica Ulpia, che doveva presentare la medesima scansione architettonica dei portici: colonnato corinzio sormontato dall'attico con Daci e trofei militari.

Il monumento poggiava su di un basamento in calcestruzzo raccordato al piano del foro da 5 gradini e si elevava per alcune decine di metri, misurava circa mt. 180 x 60 ed era suddiviso in 5 navate, delle quali le quattro laterali misuravano 6 metri di larghezza, mentre la centrale raggiungeva i 25 metri. La copertura delle navate minori era costituita da volte a botte in calcestruzzo, mentre per quanto concerne quella centrale il parere degli studiosi non è univoco. Di sicuro, però, si sa che sulle colonne di granito grigio che separavano tra loro le navate doveva poggiare un architrave marmoreo con fregio decorato da vittorie alate che sacrificavano tori. Alla basilica si accedeva da tre ingressi principali corrispondenti ai portici affacciati sulla piazza.

La colonna dedicata all'imperatore guerriero fu posta al centro del cortile porticato, inserito tra le due biblioteche, poiché il suo fregio, magnificamente istoriato e lungo 200 metri, doveva costituire il volumen più prestigioso tra quelli custoditi nelle biblioteche. Il fusto della colonna raffigurava infatti gli episodi salienti delle guerre daciche, che avevano conferito gloria immortale a Traiano. Anticamente la colonna era definita "centenaria" in quanto è alta esattamente 100 piedi romani = 29,68 metri, escluso il basamento, che era ornato da bassorilievi raffiguranti cataste di armi. Sul lato meridionale del basamento si apriva la porta di accesso alla scala elicoidale, dal cui nome latino coclea (chiocciola) derivò l'appellativo di Coclide, per identificare le colonne onorarie concepite in tal modo. Dalla scala si poteva accedere sia alla sommità della colonna, dove svettava una statua colossale in bronzo dorato dell'imperatore, sia alla piccola camera ricavata nel basamento, dove furono probabilmente collocate per volere del Senato, le due urne d'oro con le ceneri di Traiano e della moglie Plotina.

La statua di Traiano fu asportata nel Medioevo e nel 1587, per volere di Papa Sisto V, fu sostituita da quella attuale, dedicata a San Pietro e modellata da Giacomo della Porta.

Infine, la porta di accesso era sormontata dall'iscrizione che celebrava il grande intervento di sistemazione dell'area relativa al foro di Traiano.

In origine probabilmente la colonna ebbe la funzione, semplicemente documentaria, di tradurre in pietra i Commentarii (diarii) delle guerre daciche scritti da Traiano stesso, mentre solo in un secondo momento fu destinato a diventare il sepolcro dell'imperatore e di sua moglie.

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