LA NUOVA BASILICA DI SAN PIETRO IN VATICANO

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I PROGETTI PER LA NUOVA BASILICA DI SAN PIETRO IN VATICANO. La scomparsa della antica basilica costantiniana eretta sulla tomba del Principe degli Apostoli fu progressiva. Dopo il 1607, per far posto al prolungamento della nuova basilica, si intraprese l'opera di demolizione dei resti ancora grandiosi della costruzione medievale. Dalla determinazione di Niccolò V al completamento del nuovo edificio, con lo scoprimento della facciata nel 1612, passarono 150 anni. Un periodo lungo, ma allo stesso tempo brevissimo, se si considerano l'immensa mole dei lavori eseguiti e il travaglio progettuale che li ha preceduti.

Intorno alla metà del Quattrocento Niccolò V (1447-1455), ultimo papa del Medioevo e primo dell'Umanesimo, aveva affidato a Bernardo Gamberelli, detto il Rossellino, l'incarico di ingrandire ed abbellire la basilica costantiniana. Il papa univa all'alto ideale della sua missione, la consapevolezza che per rinsaldare il primato del Vescovo di Roma e successore di Pietro, era necessario promuovere un piano di intervento urbanistico ed edilizio senza precedenti, tale da riconquistare negli animi il rispetto della autorità spirituale ma anche politica della Chiesa di Roma.

Nel rinnovamento della città, che si può leggere come uno dei primi piani urbanistici del mondo moderno, oltre ai lavori sul Campidoglio, a Castel Sant'Angelo e nell'Ager Vaticanus, non poteva mancare una attenzione particolare alla veneranda basilica di San Pietro, da Niccolò V definitivamente sostituita alla cattedrale lateranense nel ruolo di chiesa-madre della cristianità, e sede della nuova dignità apostolica. Il Rossellino, attento alle nuove teorie di Leon Battista Alberti che nel 1452 aveva presentato al papa il suo trattato sull'architettura, elaborò un progetto di chiesa a croce latina preceduta da un portico, chiusa da un'abside semicircolare e coronata da una grande cupola centrale. Alla morte del papa i lavori si arrestarono, limitati alla demolizione di alcune strutture degradate e all'inizio della costruzione della nuova tribuna.

Dopo un parziale intervento di Giuliano da Sangallo, nel 1470, le fila dell'immensa impresa furono raccolte da Giulio II. Il nuovo pontefice aveva in animo idee grandiose, suggerite da una coltivata conoscenza delle arti, ma più profondamente motivate da una concezione suprema della autorità papale. Inoltre, lo sollecitava il desiderio di erigere in un contesto di maggior prestigio il proprio mausoleo. Ricorda Giorgio Vasari nella Vita di Michelangelo: "Era talmente alta la fama di Michelangelo per la Pietà fatta ... che essendo venuto l'anno 1503 la morte di papa Alessandro VI e creato Giulio II, che allora Michelagnolo era di anni ventinove circa, fu chiamato con gran suo favore da Giulio II per fargli fare la sepoltura sua, e per suo viatico gli fu pagato scudi 100 da' suoi oratori. Dove condottisi a Roma, passò molti mesi innanzi che gli facessi mettere mano a cosa alcuna. Finalmente si risolvette a un disegno che aveva fatto per tal sepoltura, ottimo testimonio della virtù di Michelagnolo, che di bellezza e di superbia e di grande ornamento e ricchezza di statue passava ogni antica e imperiale sepoltura. Onde cresciuto lo animo di Papa Giulio, fu cagione che si risolvé a mettere mano a rifare di nuovo la chiesa di San Pietro a Roma per mettercela dentro".

IL PROGETTO DI DONATO BRAMANTE. Dopo un confronto iniziale con Giuliano da Sangallo, amico del papa e massimo architetto fiorentino, Giulio II scelse per la riedificazione della nuova basilica Donato Bramante perché, come scrive ancora Vasari, "persona di più giudizio, migliore ingegno e maggiore invenzione". Nella elaborazione del progetto, che probabilmente non ebbe mai una stesura definitiva e completa in tutte le parti, Bramante coltivava l'idea di sovrapporre il Pantheon al Tempio della Pace, come era chiamata a quell'epoca, erroneamente, la Basilica di Massenzio. Cioè fondere due tipi di tempio che già Leon Battista Alberti aveva indicati come esemplari: quello "etrusco" rappresentato dalla basilica di Massenzio per una sua errata interpretazione di Vitruvio, e quello "rotondo", quale era il Pantheon. La nuova basilica, la cui idea è riprodotta su un medaglione coniato al tempo di Giulio II, era stata concepita inizialmente come un grande quadrato sormontato da una cupola che, sostenuta da imponenti pilastri, si doveva librare in alto, quasi sospesa nello spazio. Dalla stessa cupola si dipartivano quattro bracci di croce greca che terminavano, all'interno ad abside rotonda, e all'esterno in linea retta. Tuttavia, il progetto rimaneva poco definito e ipotizzava una dilatazione fino a dimensioni fuori misura che avrebbero presentato non poche difficoltà di realizzazione. I lavori furono interrotti dalla morte prematura di Bramante avvenuta l'11 aprile 1514. Fino ad allora si era compiuta solo una drastica opera di demolizione innalzando, contemporaneamente, i giganteschi piloni e i quattro archi che avrebbero dovuto sostenere la cupola, e avviando la parte iniziale del braccio di croce meridionale. Prima di morire, Bramante stava lavorando ad una seconda ipotesi con sviluppo a croce latina, poi ripresa da Raffaello quando, per volere di Leone X Medici, ricevette l'incarico di proseguire la costruzione insieme a Fra' Giocondo da Verona, nominato il 1 novembre 1513 e il quasi settantenne Giuliano da Sangallo, nominato il 1 gennaio 1514. Ma anche questo progetto rimase sulla carta, poiché tutti gli architetti morirono nel giro di sei anni. Nei fatti, fu costruita solo la base dell'immenso coro occidentale progettato a suo tempo da Bramante, in seguito abbattuto e modificato da Michelangelo con una soluzione più compatta e di dimensioni realizzabili, e l'inizio dell'ambulacro meridionale.

LA "FABRICA" DI ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE. Leone X nominò allora direttore della Fabrica Antonio da Sangallo il Giovane, nipote di Giuliano e sin dal 1505 assistente di Bramante, affiancandogli come coadiutore l'architetto e pittore senese Baldassarre Peruzzi. Questi presentò una proposta che recuperava l'ideale bramantesco di un edificio a croce greca, ma i lavori non ebbero attuazione pratica per il veloce succedersi degli eventi che segnarono gli ultimi quindici anni della sua vita. Dopo l'austero pontificato di Adriano VI durato appena un anno, e le incertezze politiche di Clemente VII Medici culminate nella dolorosa vicenda del Sacco di Roma nel 1527, è con Paolo III Farnese, eletto nel 1534, che si riaccende l'attenzione per il cantiere di San Pietro, ormai sospeso da anni. Il nuovo papa riconfermò nell'incarico il Sangallo il quale, oltre a disegnare il progetto commissionatogli nel 1538, fece eseguire da un nutrito gruppo di artigiani, coordinati dal suo assistente Antonio Labacco, un grande modello in legno di abete bianco, aceto, tiglio, pioppo, noce e castagno, ancora oggi conservato alla Fabbrica di San Pietro, della misura di 7,36 metri di lunghezza, 6,02 di larghezza, 4,68 di altezza, del peso di 6 tonnellate. Un plastico imponente retribuito con oltre 4000 scudi d'oro per le maestranze e 1500 per lo stesso Sangallo, somma superiore a quanto sarebbe stato necessario per la costruzione di una vera chiesa. La nuova soluzione, ispirata all'arte gotica, rifletteva l'allontanamento dalla grandiosa pianta centrale di Bramante, di cui rispettava solo l'impianto a croce greca. L'edificio era prolungato in avanti con un grande portico, fiancheggiato da due campanili, ed in fondo si apriva una facciata che racchiudeva la loggia delle Benedizioni. Anche di questo ambizioso ma irrealizzabile progetto si attuarono solo poche parti, limitatamente ad un ulteriore consolidamento dei piloni bramanteschi e all'innalzamento del pavimento della nuova basilica di 3,20 metri, così da conferire maggiore illuminazione e più armonico equilibrio ad un complesso altrimenti troppo alto e stretto. Si vennero quindi a creare le premesse per quegli spazi intermedi tra il vecchio pavimento della basilica costantiniana ed il nuovo che, durante il pontificato di Clemente VIII prima e Paolo V dopo, diventeranno il nucleo delle Grotte Vaticane. Nel 1546 il Sangallo moriva e il 25 gennaio dell'anno successivo Paolo III, dopo un tentativo fallito di richiamare a Roma da Mantova Giulio Romano, morto in quello stesso anno, designò come successore Michelangelo.

(testi di Alfredo Maria Pergolizzi)

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