BENVENUTO CELLINI PRIGIONIERO A CASTEL SANT'ANGELO

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Benvenuto Cellini (Firenze, 3 novembre 1500 - Firenze, 13 febbraio 1571) è stato uno dei prigionieri più famosi delle tetre carceri di Castel Sant'Angelo. Scultore, orafo, incisore, scrittore, è considerato uno dei più importanti artisti del periodo manierista.

Dal carattere violento e burrascoso e, come apprendiamo dalla sua stessa autobiografia, autore di svariati omicidi, Cellini mostrò la propria indole già all'età di 16 anni: in seguito a una rissa, infatti, fu esiliato insieme al fratello a Siena, dove iniziò a studiare oreficeria.

Nel 1524 aprì una propria bottega di orafo a Roma; nel 1527, con l'arrivo a Roma dei Lanzichenecchi di Carlo V d'Asburgo, Cellini si rifugiò insieme a papa Clemente VII a Castel Sant'Angelo, dove, stando al racconto della sua "Vita", prese parte attivamente alla difesa del pontefice come archibugiere e bombardiere. Durante l'assedio del Castello, Cellini con un colpo di colubrina sarebbe riuscito addirittura a uccidere il comandante in capo dell'esercito assediante, Carlo III di Borbone. La notizia, riportata nella "Vita", non è mai stata accertata, ma nemmeno smentita. Terminato il Sacco, Cellini lasciò Roma, per recarsi prima a Firenze e poi a Mantova.

Nel 1529 ritornò a Roma; nel 1537, per sfuggire alle pericolose minacce di Pier Luigi Farnese, Cellini andò a Parigi, ospite del pittore Andrea Sguazzella. Ma dopo poco tempo l'artista ritornò a Roma, dove aprì una nuova bottega in via dei Banchi Nuovi: "... io mi ritirai in una buona casotta drieto ai Banchi [...] la mia casa e bottega il dinanzi era in Banchi, e il di drieto saliva parecchi braccia, perché rispondeva in verso Monte Giordano...".

Il nuovo periodo romano fu per lui molto difficile: Pier Luigi Farnese, infatti, con l'accusa di aver rubato alcuni gioielli di proprietà di Clemente VII durante il Sacco del 1527, lo fece arrestare e richiudere a Castel Sant'Angelo. L'artista riuscì a fuggire dal carcere, riuscendo a forzare la porta della cella dopo aver sottratto un paio di tenaglie al carceriere, e poi calandosi con il classico metodo delle lenzuola annodate dal bastione di San Giovanni. Dopo essersi fratturato una gamba nel corso della fuga, si rifugiò presso il cardinal Cornaro, che però lo riconsegnò al Papa. Imprigionato nuovamente a Castel Sant'Angelo, le sue condizioni di reclusione furono rese ancora più dure: gli fu assegnata una cella completamente buia, dove penetrava un raggio di sole per solo mezz'ora al giorno da una piccola finestra, ed egli approfittava di questo momento per leggere la Bibbia. Con la gamba gonfia e dolorante, non riusciva nemmeno ad alzarsi dal pagliericcio per necessità fisiologiche e in breve tempo la sua cella divenne invivibile: uno strato di urina ed escrementi si formò addirittura sul pavimento, almeno stando al racconto della sua autobiografia. In questa cella egli fu recluso fino al dicembre del 1539, quando, dopo aver scontato la sua pena, venne accolto dal cardinale Ippolito d'Este, per il quale eseguì magnifici lavori in oro, argento e stucco.

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