LE CATACOMBE DI SANTA AGNESE SULLA VIA NOMENTANA

La catacomba di Santa Agnese (nella quale fu sepolta la martire omonima), risale agli inizi del secolo III. Fu scavata nel pendio occidentale della via Nomentana in una zona già ricca di sepolture, sia modeste che monumentali, sin dai secoli primo e secondo dopo Cristo.

Nei pressi della tomba della martire si svilupparono diverse zone di gallerie sotterranee, mentre in superficie fu costruita, fra il 337 e il 350, una grande basilica circiforme lunga circa 100 metri e larga 40, dell'epoca dell'imperatore Costantino, alla quale fu annesso il mausoleo tuttora perfettamente conservato che Costanza sua figlia fece costruire per sé. Oltre al mausoleo di Santa Costanza ed alle imponenti rovine della basilica circiforme, si può visitare parte della catacomba e la basilica semi-ipogea a tre navate, opera di Papa Onorio I (625 - 638), il cui altare nell'abside ingloba la tomba della martire.

Nella basilica e nel grandioso scalone di accesso si possono ammirare il bel mosaico dell'abside che rappresenta la martire tra i papi Damaso e Simmaco, e la raffigurazione scolpita di Sant'Agnese dell'epoca di Papa Liberio, nonché l'iscrizione di Papa Damaso (riportata sotto), in ricordo del supplizio della bambina martire. Agnese fu forse vittima della persecuzione di Decio (250) o di Valeriano (257), o al più tardi di quella di Diocleziano nel 304. Variamente attestata nei documenti più antichi riguardanti martiri romani, il suo culto fu uno dei più sentiti nella prima Roma cristiana.

L'iscrizione di Papa Damaso, scoperta integra nella basilica nel 1728, ne è una delle più belle testimonianze: "E' fama che un dì i santi genitori raccontarono che Agnese, avendo la tromba suonato i lugubri squilli, subito abbandonò il seno della nutrice ancora fanciulla e spontaneamente calpestò la rabbia e le minacce del tiranno. Avendo lui voluto bruciare nelle fiamme il nobile corpo, con le sue piccole forze superò l'immenso timore e spogliata sparse lo sciolto crine sulle membra, perché occhio mortale non vedesse il tempio del Signore. O degna della mia venerazione, Santa Gloria della verginità, ti prego, o inclita martire, di esaudire le preci di Damaso" (trad. A. Ferrua).

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