L'ORGANIZZAZIONE E LA FUNZIONE DEL TITULUS

I tituli sono stati paragonati alle nostre parrocchie, come centri della vita liturgica e pastorale nei diversi quartieri. Non erano, in realtà, propriamente parrocchie in senso odierno, perché non avevano un territorio e uno status giuridico chiaramente definito. Nei tituli la cura pastorale dei fedeli era affidata ai presbiteri titolari. Per quanto dotati di autonomia amministrativa, essi erano comunque dipendenti dall'episcopus. Oltre i presbiteri, facevano capo alle chiese titolari altri membri del clero che operavano nei diversi compiti pastorali. Questo clero inferiore comprendeva accoliti, lettori, esorcisti e ostiari: un clero numeroso quindi e con funzioni diversificate, come del resto già alla metà del III secolo era attestato dalla lettera di Papa Cornelio a Fabio di Antiochia. In molti casi le iscrizioni funerarie di membri del clero titolare costituiscono le più antiche testimonianze della storia di diversi tituli.

La pastorale svolta nei tituli prevedeva in primo luogo la preparazione al battesimo dei catecumeni: anche per questo scopo i tituli erano dotati di biblioteche, per la conservazione dei testi sacri, e tra il clero minore ad essi afferente c'erano anche dei lectores. Ma nelle più antiche postazioni titolari non era presente il battistero. Il battesimo era allora prerogativa del vescovo: tutto il rituale che lo caratterizzava, dalla rinuncia al demonio che lo apriva, fino alla confermazione e alla comunione che lo chiudevano, si svolgeva in Laterano, la vigilia di Pasqua. Nuove esigenze, legate essenzialmente all'aumento della comunità, determinarono la necessità non solo di impartire il battesimo in diversi periodi dell'anno, ma anche di moltiplicare gli impianti battesimali, che si vennero di installare, a partire per quanto ne sappiamo dagli inizi del V secolo, ma forse già nella seconda metà del IV secolo, presso i tituli, potenziandone notevolmente la valenza pastorale. Sempre più frequenti sono, in questi ultimi anni, le scoperte di battisteri annessi a edifici titolari, sia contemporanei all'aula di culto cui si affiancarono, sia connessi in un momento successivo ad allestimenti anteriori. Motivazioni diverse, determinate soprattutto dal desiderio di molti pellegrini non ancora battezzati, venuti a visitare le tombe di martiri, di ricevere il battesimo presso i santuari venerati, portarono invece alla nascita di strutture battisteriali presso le basiliche suburbane. I presbiteri assicuravano la direzione morale dei loro fedeli, celebravano il sacramento della penitenza, curavano la preparazione al matrimonio, l'assistenza ai poveri, agli infermi e ai moribondi.

Evidentemente lo svolgimento di tutti questi compiti presuppone la presenza nell'ambito della postazione titolare, oltre all'aula di culto, di tutta una serie di ambienti annessi, deputati alle diverse funzioni, presenza confermata da numerose fonti scritte e, recentemente, anche da testimonianze archeologiche. Il redattore della Vita di Marcello, indicando sinteticamente le funzioni dei tituli, fa riferimento alla sepoltura dei martiri come compito del clero titolare, anche qui proiettando nel passato un uso del VI secolo, non, però, quello della sepoltura vera e propria - anche l'età di Marcello non era certo epoca di persecuzioni - ma piuttosto quello della cura dei loro sepolcri.

È vero, peraltro, che da un certo momento la cura animarum dei tituli può avere compreso anche la creazione, nelle vicinanze dell'edificio di culto titolare, di spazi funerari: è noto come a partire dalla metà del VI secolo, in relazione certo con le vicende della guerra greco-gotica ma soprattutto in conseguenza di un mutato atteggiamento nei confronti della morte, il fenomeno delle sepolture all'interno delle mura abbia assunto carattere di sistematicità. Il fenomeno, che segnava il superamento, nella prassi se non ancora nel diritto, della netta distinzione consolidata da secoli tra lo spazio dei vivi e quello dei morti, si era già manifestato all'epoca delle invasioni gotiche del 410 ed aveva forse avuto alla fine del V secolo il suo riconoscimento ufficiale. Molte delle sepolture "in urbe" sono documentate proprio in rapporto a edifici di culto titolari. Nei tituli poi, si celebrava la messa domenicale, evidentemente semplificata rispetto al cerimoniale pontificio. La sinassi eucaristica dei tituli, non menzionata nel passo della Vita di Marcello, era caratterizzata in questo periodo dall'uso del fermentum. I presbiteri titolari ricevevano dagli accoliti il fermentum, il pane eucaristico consacrato dal pontefice al Laterano, e lo univano al calice della loro eucarestia. Questo rito era espressione della comunione di tutti i celebranti con il vescovo e, quindi, dell'unità della liturgia celebrata la domenica nelle diverse chiese romane, come sottolinea, agli inizi del V secolo, una lettera di Innocenzo I.

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