TEMPIO DI APOLLO, SCALE DI CACO, CISTERNE ARCAICHE, TEMPIO DELLA VITTORIA
TEMPIO DI APOLLO
Il monumento, localizzato tra la Domus Flavia e la Casa di Augusto, è riconoscibile nel grande podio presente a sud della Casa di Livia. Votato nel 36 a.C. in occasione della battaglia di Nauloco contro Sesto Pompeo e terminato nel 28 a.C., sorse in una parte della casa di Augusto, colpita da un fulmine, che gli aruspici avevano giudicato scelta dal dio.
Dopo la battaglia navale di Azio del 31 a.C. il monumento diventò un vero e proprio ex voto della vittoria contro Marco Antonio. Il tempio, direttamente collegato alla casa di Augusto, era costituito da un alto podio in opera cementizia rivestito di blocchi di marmo bianco di Luni. Le porte a doppio battente erano rivestite d'avorio e decorate con scene della strage dei Niobidi e della cacciata dei Galli dal Parnaso. Statue in marmo di Paros, realizzate nel VI secolo a.C. dagli scultori greci Boupalos e Athenis, decoravano il frontone. Le statue di culto poste all'interno della cella rappresentavano Apollo (opera dello scultore Skopas), Diana (opera di Timoteo) e Latona (opera di Kephisodotos). Nella base del gruppo cultuale erano conservati i Libri Sibillini trasferiti per ordine di Augusto dal Tempio di Giove sul Campidoglio. Nella cella si custodivano una ricca collezione di gemme e sigilli, statue votive e gli 80 tripodi d'oro realizzati con la vendita delle statue di argento raffiguranti Augusto presenti in città. Intorno al tempio si apriva un portico di colonne di marmo giallo antico tra le quali erano collocate cento statue raffiguranti le figlie di Danao e i loro mariti, i figli di Egitto. Davanti al tempio era posta una statua di Apollo citaredo circondato da quattro basi che sorreggevano gli armenta Myronis, ovvero le vacche bronzee opera di Mirone nel V secolo a.C. Ad est dovevano trovarsi le biblioteche, riconoscibili nei rifacimenti di età flavia. Sempre nell'area dell'edificio doveva trovarsi la Roma Quadrata, un altare antichissimo posto in ricordo del solco tracciato da Romolo per la fondazione della città.
SCALE DI CACO
Il mitico gigante Caco, figlio di Vulcano, è legato ai racconti della fase precedente la fondazione di Roma. Brigante-pastore, di forma mostruosa, ha la sua dimora nel Germalus, da dove controlla le vallate sottostanti ed è a capo di popolazioni barbare. Quando ruba le mandrie di vacche sacre di Gerione, Ercole, aiutato da Evandro, re degli Arcadi, e da Fauno, re degli Aborigeni, lo uccide e recupera la mandria. Evidentemente nel mito si riflettono gli avvenimenti storici che videro nell'età del Bronzo recente (XIII secolo a.C.) il succedersi di popolazioni diverse sul sito del Palatino e situazioni di incontro-scontro tra le popolazioni locali e i nuovi venuti (mercanti greco-micenei che frequentavano la zona del futuro Forum Boarium).
Il ricordo del gigante rimane nel toponimo delle Scalae Caci che costituivano la principale via di collegamento tra il lato meridionale del colle e la valle Murcia (occupata poi dal Circo Massimo) dove era localizzato il Lupercal, la grotta nella quale la lupa allattò i gemelli Romolo e Remo. Questo asse viario, i cui resti sono visibili immediatamente ad est dell'area delle Capanne, era collegato già in età arcaica con altre strade (si ricorda in particolare il Clivus Victoriae) e venne mantenuto fino all'età imperiale.
CISTERNE ARCAICHE
Nel corso del VI secolo a.C. il Palatino subì vaste opere di ristrutturazione. Nell'area in esame le strutture preesistenti vennero totalmente obliterate e sostituite con nuovi edifici di culto. La viabilità venne regolarizzata creando contestualmente un articolato sistema di raccolta e distribuzione delle acque. Tale sistema prevedeva la presenza di cisterne per l'acqua piovana collegate ad una rete di cunicoli di drenaggio e pozzi profondissimi, scavati nel banco tufaceo, che raggiungevano la falda freatica posta alla base del colle. Sono attualmente visibili due cisterne circolari, entrambe successivamente obliterate dal podio del Tempio della Vittoria; la prima è collocata a nord dell'area delle capanne romulee, la seconda ancora più a nord, di fronte alla casa di Livia. Entrambe sono scavate interamente nel tufo e foderate con blocchetti di cappellaccio. Tra i blocchi e le pareti, per favorire la impermeabilizzazione della struttura, è sistemato uno spesso strato di argilla mentre all'interno della cisterna, a protezione dei blocchi e per evitare dispersioni, è presente uno strato di intonaco idraulico. La cisterna di fronte alla casa di Livia, profonda mt. 5,80 e con un diametro di mt. 2,80, presenta un caratteristico tipo di copertura a tholos. A mt. 3,45 dal fondo i blocchi di cappellaccio cominciano infatti a sovrapporsi con un lieve aggetto, il diametro della cisterna si restringe verso l'alto e l'imboccatura viene coperta con poche lastre collocate in piano. Un'altra cisterna, di forma rettangolare, è stata recentemente individuata lungo la fronte meridionale della domus Tiberiana, all'altezza delle scale che conducono ai Giardini Farnesiani. Sul fondo della cisterna, oggi ricoperta per motivi di conservazione, era presente l'apertura di un pozzo collegato ad una serie di cunicoli posti su livelli diversi e solo parzialmente esplorati. Nel V secolo a.C. la cisterna venne obliterata e utilizzata come fondazione del podio di un piccolo tempio. A partire dal 312 a.C. l'apertura del primo acquedotto (Aqua Appia) e la costruzione dei successivi acquedotti in grado di garantire un approvvigionamento idrico regolare e abbondante, portò al progressivo abbandono dell'uso delle cisterne per la raccolta delle acque meteoriche.
TEMPIO DELLA VITTORIA
La battaglia di Sentinum nel 296 a.C. siglò la fine della terza guerra sannitica e il definitivo trionfo di Roma sulle popolazioni italiche. In questa occasione, per riaffermare le motivazioni religiose del conflitto e dell'espansionismo militare, venne dedicato un tempio alla dea Vittoria, probabilmente sul luogo dell'arcaicissimo culto di Vica Pota. I resti di questo monumento sono stati recentemente riconosciuti nei filari di grandi blocchi di cappellaccio, alternati a filari di opera cementizia, posti tra il tempio della Magna Mater e la casa di Livia. L'edificio misurava mt. 33,40 x 19,35 e sorgeva su un alto podio in opera quadrata di tufo con piazzale antistante. La cella si appoggiava sul lato di fondo del podio ed era delimitata da nove colonne sui lati lunghi e sei sulla fronte (era dunque un tempio esastilo periptero sine postico). Al centro del lato corto frontale si apriva la scalinata di accesso alla cella. Dopo un incendio, che devastò il Palatino nel 111 a.C., nella cella fu aggiunto un colonnato interno sorretto da fondazioni in cementizio.
I resti del tempio si trovano a nord dell'area delle capanne ed in questa zona sono stati rinvenuti anche i resti di un ampio "silos" di forma circolare risalente al VI secolo a.C. Nella struttura, scavata nel banco di tufo e argille naturali e rivestita di blocchetti di tufo, è stato rinvenuto un frammento fittile riccamente decorato, forse una vera di pozzo, oggi conservato nell'Antiquarium Palatino. Connesso al Tempio è il Clivus Victoriae che staccandosi dalle Scalae Caci costeggia il fianco ovest del colle; il basolato relativo è visibile immediatamente a sud dell'area delle capanne protostoriche.