IL GIOIELLO DEL GHETTO DI ROMA: LA FONTANA DELLE TARTARUGHE
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Una bella leggenda popolare racconta come il giovane duca Mattei, il cui palazzo si affaccia sulla omonima piazza ai margini del ghetto ebraico, per stupire il futuro suocero, abbia fatto realizzare la fontana delle tartarughe in una sola notte. L'uomo aveva perso al gioco l'intero suo patrimonio, ricevendo immediatamente il rifiuto delle nozze previste di lì a poco. Il giovane non si perse d'animo: il giorno successivo fece venire la promessa sposa assieme al padre e, dopo una lauta cena, li fece affacciare dalla finestra del palazzo per ammirare l'opera realizzata nel brevissimo tempo della cena, e disse loro: "ecco di cosa è capace un Mattei"! Il matrimonio ebbe luogo (e dunque il nostro giovane squattrinato poté rimpinguare le sanguinanti casse familiari con la dote della sposa), ma perché nessuno potesse mai più affacciarsi dalla finestra che gli aveva garantito tanto successo, in quel giorno memorabile, il duca la fece murare. Murata, infatti, è giunta fino ai nostri giorni.
La storia contiene un anacronismo, visto che, mentre la fontana è della fine del '500, la costruzione del palazzo avvenne solo nel 1616. Ma forse il racconto fa riferimento allo stabile che precedeva quello esistente: la finestra potrebbe essere stata mantenuta murata proprio in ricordo dell'avvenimento che aveva salvato la famiglia della rovina. I più maligni raccontano che il Mattei si sarebbe fatto prestare la fontana da un ricco cugino, dopo che questi l'aveva fatta costruire per il suo giardino a Piazza Paganica. Poi, per una fatalità che non è mai stata chiarita, la collocazione provvisoria divenne definitiva. La fontana in realtà fu progettata da Giacomo della Porta nel 1581. I lavori furono condotti dallo scultore Taddeo Landini, che avrebbe dovuto realizzare quattro efebi bronzei e otto delfini. Si conclusero 7 anni più tardi, ma i quattro delfini previsti per la parte superiore non vennero installati perché la pressione dell'acqua non consentiva l'elevazione prevista, e furono destinati alla fontana delle Terrina, che oggi si trova in piazza della Chiesa Nuova.
Le tartarughe che gli efebi sospingono nella vasca superiore furono aggiunte nel 1658 per volere di Papa Alessandro VII e sono opera di Gian Lorenzo Bernini, ma per la loro delicatezza furono a lungo attribuite addirittura a Raffaello! A Roma scherzosamente si dice che, sebbene lente, ogni tanto se ne vadano in giro: nel corso dei secoli infatti sono sparite e ritornate molte volte. Oggi gli originali sono stati sostituiti con delle copie e sono custoditi nei Musei Capitolini (tratto da: A.Toso Fei, Misteri di Roma, Venezia 2012).