TRASTEVERE IN EPOCA IMPERIALE ROMANA

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Il Trastevere era la più vasta Regione della città. I suoi confini, prima della costruzione delle mura, spaziavano dall'Ager Vaticanus alle alture di Monte Mario, dal Gianicolo al fiume, comprendendo anche l'isola Tiberina per un'area di ben 33.000 metri quadrati, secondo i Cataloghi Regionari. I collegamenti con la riva sinistra erano assicurati sin dal VII secolo a.C. dal ponte Sublicio, del quale non resta più nulla, ma che era situato poco a valle di ponte Emilio, attuale ponte Rotto. Questo ponte, costituito prevalentemente di legname (Sublicio deriva dalla lingua volsca sublica = asse di legno), aveva mantenuto anche in epoca storica la sua caratteristica. La tradizione vuole che tale accorgimento fosse ritenuto necessario per consentirne un rapido smontaggio in caso di aggressione da parte degli Etruschi sulla riva destra. In effetti è più probabile che il ponte, considerato come elemento sacro ai primordi della città e affidato alla cura di un collegio sacerdotale (Pontefici), non doveva contenere elementi in ferro, perché costruito prima che tale metallo entrasse nell'uso comune.

A monte del Sublicio vi era il ponte Emilio costruito alla metà del II secolo a.C., che costituiva il più importante elemento di collegamento tra le due sponde, unendo la zona del foro Boario con le vie Portuense ed Aurelia. L'isola Tiberina era collegata alla città e a Trastevere per mezzo dei ponti Fabricio e Cestio costruiti rispettivamente nel 62 a.C. e nel 46 a.C. Quest'ultimo fu in parte ricostruito in occasione della erezione dei muraglioni del Lungotevere alla fine del XIX secolo.

Il Trastevere fu da sempre una zona popolata per la maggior parte da persone di ceto umile, e molti erano gli stranieri a causa della sua posizione periferica rispetto al resto della città. Particolarmente numerosa era la comunità ebraica, presente a Roma fin dal II secolo a.C., che si era insediata nella regione dove aveva i propri luoghi di culto e il cimitero principale: la catacomba di Monteverde. Per quanto riguarda la presenza di altre comunità straniere possiamo ricordare l'importante santuario siriano alle falde del Gianicolo, del quale rimangono scarsi resti. Occupata inizialmente da gente dedita alla pesca sul fiume, ai traffici fluviali e a piccole attività artigianali, la regione aveva raggiunto, come sappiamo dalle fonti, un notevole sviluppo già in epoca augustea. In epoca imperiale la zona più fittamente popolata era quella pianeggiante compresa tra i due assi viarii dell'Aurelia e della Campana - Portuense.

A questa situazione congestionata contribuiva la presenza di numerosi magazzini (horrea) e depositi portuali (porticus) che si erano andati via via costituendo lungo tutto la sponda, specialmente a valle dei ponti Fabricio ed Emilio. Totalmente diversa, invece, era la situazione alle falde del Gianicolo e sulla sommità del colle stesso. Qui vi erano le domus e le ville e del ceto benestante e della aristocrazia, che erano andate sorgendo nella zona migliore del quartiere, lontane dalla parte commerciale e più abitata. Per quanto riguarda queste lussuose dimore possiamo ricordare la villa della Farnesina, rinvenuta alla fine del XIX secolo in seguito ai lavori di sbancamento per l'allargamento e l'arginatura del Tevere. Il grande e splendido edificio, costruito sulla riva del fiume come luogo destinato agli svaghi balneari, è stato attribuito a Clodia, moglie di Quinto Cecilio Metello Celere.

Numerose erano poi le zone destinate a giardino, tra questi possiamo ricordare quello famoso di Giulio Cesare situato lungo la via Portuense. Il quartiere nella prima età imperiale era caratterizzato da un tessuto urbano assai composito, dove numerosi erano i magazzini commerciali e le grandi abitazioni a carattere popolare ovvero le insulae. Da un censimento effettuato sotto Settimio Severo nel III secolo sappiamo che nel Trastevere esistevano ben 4078 insulae. Tutto ciò rendeva necessario, ad esempio, misure di prevenzione per gli incendi. Allo scopo Ottaviano Augusto aveva organizzato il corpo dei Vigiles in 7 caserme principali (Stationes), ognuna delle quali doveva provvedere a due regioni limitrofe: in una regione vi era la caserma principale e nell'altra un distaccamento dipendente (Excubitorium = posto di guardia).

Per il Trastevere agiva l'Excubitorium della VII Statio o Coorte, che è stato ritrovato negli anni 1865-1866, di fronte alla basilica di San Crisogono in via della VII Coorte. L'edificio, ancora in gran parte conservato, era stato ricavato nell'ambito di una casa privata ed ha rivelato al momento della scoperta, tra le altre cose, un insieme di interessantissimi graffiti lasciati dai Vigiles stessi, dai quali apprendiamo le modalità del lavoro, la grande fatica dei lunghissimi turni e i rischi connessi alle attività di prevenzione degli incendi specialmente di notte, in una città completamente avvolta nell'oscurità. I Vigiles Centonarii si lanciavano sulle fiamme per spegnerle con coperte di lana bagnate (centones), i Vigiles Sebaciarii illuminavano la strada con torce ingrassate con il sebo, mentre i Vigiles Quaestionarii avevano compiti di polizia, potevano arrestare e interrogare i malfattori. Il lavoro doveva essere davvero massacrante: un graffito lasciato su una parete dell'Excubitorium invoca: lassus sum, successorem date: "sono distrutto, datemi il cambio!". Dopo sei anni di servizio i Vigiles, per lo più cittadini stranieri, potevano assumere la cittadinanza romana "optimo iure" cioè con pieni diritti compreso quello di voto.