IL FORO DI AUGUSTO ED IL TEMPIO DI MARTE ULTORE LUNGO L'ODIERNA VIA DEI FORI IMPERIALI


Il Foro di Augusto venne costruito tra il 23 e il 2 a.C., anno in cui fu dedicato il tempio a Marte Ultore, anche se ancora non completamente ultimato. In realtà si deve però ritenere che i lavori dovettero cominciare solo a partire dal 27 o dal 23 a.C., comunque dopo aver promulgato il nuovo ordine costituzionale dell'Impero.

In età repubblicana l'area, poi occupata dal Foro, aveva fatto parte del quartiere dell'Argiletum e le fonti antiche ricordano che Augusto aveva espropriato con i suoi fondi i terreni e gli edifici. L'unica costruzione pre-augustea risparmiata dalla costruzione del Foro fu quella oggi conosciuta come "Casa dei cavalieri di Rodi", nella quale è stata identificata un'abitazione tardo-repubblicana e dove sono leggibili alcune delle fasi cronologiche che si sono succedute.

Il primo livello dell'edificio è costituito da un possente quadriportico in grandi blocchi di travertino, che originariamente doveva essere una struttura di raccordo tra la collina del Quirinale e l'area di minore rilievo dove sorse il Foro augusteo. Da un punto di vista strettamente costruttivo, il complesso forense è caratterizzato da un forte senso di isolamento, conferitogli dalla maestosità del muro perimetrale, alto circa 33 m. e costruito a blocchi di peperino e pietra gabina, la quale aveva un notevole potere ignifugo, che corre nei settori di separazione tra il Foro e la retrostante zona della Suburra, mentre era a blocchi di tufo rosso di Grotta Oscura dove si addossava ad altri edifici.

Il tratto di muro attualmente conservato lungo via Tor de' Conti segue un tracciato obbligato a causa di costruzioni preesistenti, mentre, lungo i lati lunghi, si allarga nelle due esedre semicircolari. I blocchi sono collocati di testa e di taglio e presentano tracce di fori e cavità per la posa in opera con l'utilizzazione di grappe per ancorarli, mentre le grandi cavità rettangolari ancora visibili dovevano servire come alloggiamenti per le travi di copertura sia delle strutture antiche sia di quelle post-antiche. La struttura ancora ben conservata presenta una scansione di tre livelli in travertino, l'ultimo dei quali costituisce il colmo del muro, sul quale si legge una chiarissima stratigrafia verticale delle diverse fasi di vita del complesso monumentale, tanto più importante se si considera che i radicali scavi degli anni trenta hanno definitivamente cancellato qualsiasi testimonianza dell'età tardo-antica.

Lungo il grande muro di cinta sono conservati i due accessi al Foro: verso nord si apriva un triplice fornice di ingresso, mentre a sud vi era un arco ad un solo fornice, denominato in epoca posteriore "Arco dei Pantani"; da entrambi gli archi si accedeva al Foro attraverso due imponenti scalinate. Architettonicamente il Foro rappresenta, invece, l'impianto che sarà poi determinante anche per gli altri fori imperiali: la materializzazione del concetto del nuovo potere centralizzato e assoluto.

La grande piazza risulta infatti isolata dal traffico ed i portici sui lati lunghi si allargano in esedre laterali coperte, per aumentare in tal modo lo spazio dedicato ad attività giudiziarie e educative. Anche il tempio di Marte Ultore, il vendicatore dell'uccisione di Giulio Cesare, è posto sul lato breve di fondo, protetto dal muro di contenimento verso la Suburra. L'articolazione degli edifici richiama l'impianto ellenistico macedone, che utilizzava il peristilio, un cortile porticato, completato da absidi coperte e decorate con statue. I portici augustei dovevano avere funzione di basilica civile, di tribunali, come suggeriscono le fonti antiche e soprattutto il ritrovamento di alcune tavolette cerate a Pompei ed Ercolano. Sulle tavole sono attestate le comparizioni, in latino vadimonia, dei cittadini davanti ai pretori urbani che sedevano nel Foro di Augusto e vi sono ben specificati alcuni settori dei portici, in corrispondenza di determinate statue e colonne, come a sottolineare che lo spazio fosse definito in ambiti precisi, destinati ai singoli pretori.

In tal modo si sostituisce al modello ellenistico del Temenos sacro che circonda il tempio quello di destinazione funzionale di luogo deputato ad attività giuridiche. Ma il Foro di Augusto rimase anche la sede di eventi legati alla dedica militare del tempio a Marte Ultore: vi si tenevano, infatti, le riunioni del Senato per le decisioni relative a guerre e trionfi e i magistrati, che rivestivano anche il ruolo di capo dell'esercito nelle province, iniziavano il loro viaggio da questo Foro.

Il tempio, promesso in voto da Augusto durante la battaglia di Filippi nel 42 a.C., ha un impianto costruttivo determinato dalla morfologia del sito e la fondazione appare coerente con quella del muro perimetrale. La pianta del Tempio è simile a quella del tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare, con otto colonne su tre lati, mentre il quarto lato forma un'abside divisa dal muro perimetrale per mezzo di un'intercapedine. Oggi sono visibili tre colonne della cella, in marmo lunense, con capitelli corinzi e trabeazione. I lati del podio erano rivestiti di marmo bianco con decorazioni probabilmente di armi e iscrizioni inseriti in supporti di metallo, mentre l'interno del Tempio era pavimentato con marmi policromi. Le esedre laterali erano contrapposte e leggermente asimmetriche e quella settentrionale, in blocchi di tufo rosso, presenta ancora tracce della decorazione; le nicchie sul fondo dell'esedra e del portico sono inquadrate da semicolonne in cipollino sormontate da capitelli corinzi e architrave in marmo bianco italico, il cui fregio è a sua volta decorato da motivi vegetali, mentre il piano inferiore è sormontato da un soffitto a doppia treccia. Le nicchie, che potevano ospitare statue, erano rivestite con lastre marmoree e la loro profondità doveva risultare maggiore attraverso la cornice aggettante verso l'esterno. Analogamente doveva essere decorata anche l'esedra meridionale.

La pavimentazione era in lastre marmoree policrome, differenziate tra esedra e portico. Il portico settentrionale terminava in fondo con un ambiente noto come "Aula del colosso", poiché sulla parete di fondo, decorata con fregi di palmette e fiori di loto, si addossava il basamento per una statua alta 10 metri che raffigurava Ottaviano Augusto capite velato nell'atto di compiere una libagione in veste di pontefice massimo. L'ispirazione alla maestà e al trionfo dell'imperatore doveva culminare in una quadriga, posta al centro della piazza per voto del Senato, e che sul basamento nominava Augusto Pater Patriae.