REGIA, TEMPIO DEI DIOSCURI, LACUS IUTURNAE, TEMPIO DEL DIVO GIULIO

REGIA

Tra il Tempio di Vesta e quello di Antonino e Faustina si vedono i resti di un arcaicissimo edificio, la Regia, che risale alle origini della città, ma che è giunto a noi in pessimo stato a causa delle ripetute spoliazioni medievali e rinascimentali.

Un autore antico, Solino, dice che Numa, il secondo Re di Roma, abitò prima sul Quirinale e poi nella Regia vicino al tempio di Vesta che già esisteva. All'inizio essa ebbe la funzione di dimora regale e di luogo di culto, poiché vi si svolgevano funzioni religiose e riti officiati dal Rex sacrorum, il quale dopo la cacciata dei re fu sostituito dal Pontifex Maximus e dall'ordine delle Vestali. In un ambiente si conservavano gli scudi e le lance del dio Marte, che solevano vibrare prima di una guerra; un altro ambiente accoglieva il sacello di Ops Consiva, dea dell'abbondanza e dei raccolti.

La Regia ebbe vita lunghissima dagli inizi del VII secolo a.C. fino al IV secolo d.C., ed è stato oggetto di numerose ricerche nel corso degli anni, che hanno ricostruito le sue più importanti fasi storiche. Nella sua prima fase essa aveva la struttura di una casa etrusca, di forma trapezoidale, con sole tre stanze di cui la centrale avente funzione di vestibolo, ed un portico colonnato. Prima della fine del VI secolo era già stata ricostruita almeno tre volte, sempre rispettando la planimetria originaria; alla Fase III appartengono una serie di terrecotte architettoniche tra le quali una lastra con la figura del Minotauro. L'ultimo restauro fu quello del 36 a.C. ad opera di Gneo Domizio Calvino, compiuto con il bottino della spedizione in Spagna del 39 a.C. che abbellì la dimora con pavimenti e pareti di marmo.

Probabilmente la Regia fu coinvolta negli incendi del 64 e 193 d.C., ma fu sempre ricostruita fino al V secolo per essere definitivamente abbandonata nel IX secolo. Oggi si riconoscono, nel lato sud, affacciati sul Vicus Vestae, tre ambienti dei quali il più grande sarebbe l'antico sacello di Marte mentre il più piccolo quello di Ops; la stanza al centro potrebbe avere svolto la funzione di vestibolo, con un accesso verso il cortile porticato. Quest'ultimo, pavimentato in marmo, conteneva al suo interno una cisterna o silos. Sul lato verso il tempio di Vesta è possibile leggere un frammento di iscrizione con il termine calatores (araldi), il che indica che in un angusto ambiente su questo lato era la sede degli araldi dei pontefici massimi.

FONTE DI GIUTURNA

Nell'angolo compreso tra il Tempio di Vesta e quello dei Dioscuri si trova un altro dei luoghi più antichi e significativi del foro romano, legato al nome della ninfa Giuturna, sorella di Turno, il cui culto arrivò a Roma in contemporanea con quello dei Dioscuri. In questo luogo era il Lacus Iuturnae, dove sgorgava una sorgente, e secondo la tradizione fu qui che i Dioscuri, abbeverando i cavalli una prima volta dopo la battaglia del Lago Regillo (499 a.C.) e una seconda dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.), si fecero messaggeri delle due vittorie presso il popolo romano.

Il personaggio di Giuturna ci è noto da Virgilio e da Ovidio. Sin dai primordi di Roma si credeva che l'acqua della fonte avesse proprietà salutari ed infatti gli scavi misero in luce una serie di ambienti vicini al Lacus dove si curavano i malati. Proprio a causa delle sue caratteristiche curative il culto di Giuturna sopravvisse per lungo tempo nel foro. Forse alla fine del III - inizio del IV secolo d.C. sul lato est si istituì la Statio Aquarum, ufficio preposto alla cura degli acquedotti della città. Nel VI secolo cominciò la trasformazione degli edifici della zona in luoghi di culto cristiani.

Il Lacus Iuturnae si presenta come un bacino quadrangolare rivestito di marmi, databile nel II secolo a.C., con restauri di età imperiale. Dentro di esso furono rinvenuti in frammenti le statue dei Dioscuri ora conservate nell'Antiquarium forense. Dietro il bacino si trova un'edicola, ricostruita in età imperiale con dedica a Iuturna e davanti ad essa un pozzo (puteal) di marmo con l'iscrizione dell'edile curule M.Barbatus Pollio databile alla fine della Repubblica. In una edicola è la statua di Esculapio, dio della medicina.

TEMPIO DEI DIOSCURI O DEI CASTORI

Siamo ora di fronte all'inconfondibile elevato, conservato solo per tre colonne, del tempio dei Dioscuri, i due gemelli figli di Zeus Castore e Polluce, protettori di Roma, ai quali il dittatore Aulo Postumio Albino dedicò il tempio all'indomani della vittoria nella battaglia del Lago Regillo contro la Lega Latina da essi annunciata, proprio in vicinanza della fonte presso la quale erano stati visti abbeverare i loro cavalli. Sappiamo che l'edificio subì un imponente restauro ad opera di L. Cecilio Metello Dalmatico nel 117 a.C. e lavori da parte di Verre nel 74 a.C. e che fu completamente ricostruito da Tiberio nel 6 d.C., mentre addirittura Caligola lo inglobò nel suo palazzo, e Claudio lo restituì alla sua funzione originaria di tempio.

Almeno a partire dal 160 a.C. nel tempio si svolgevano le riunioni del Senato e nelle sue vicinanze fu costruito un tribunale che presto divenne il più importante del foro. Nell'ultimo secolo della Repubblica l'edificio ebbe un ruolo sacro ma anche un importante ruolo pubblico. La rovina del Tempio deve essere cominciata molto presto, addirittura già nel corso del IV secolo d.C. a causa della sua instabilità strutturale che lo portò a non essere più restaurato, se non addirittura ad essere usato come cava di materiali per restaurare edifici considerati più importanti nella tarda antichità.

Il tempio nella versione augustea è in marmo bianco di Carrara, con 8 colonne sul pronao e 11 sui lati, di ordine corinzio, e presenta anche colonne interne alle celle cultuali, delle quali sono stati trovati frammenti di marmo giallo antico. Il pavimento del tempio augusteo doveva essere a mosaico bianco e nero, mentre quello successivo doveva essere di opus sectile marmoreo.

E' certo che le tre colonne ora visibili dovevano essere già le uniche superstiti nel XV secolo, quando, sotto il pontificato di Eugenio IV, si parlava di una Via Tria Columnarum che passava dalle parti del tempio.

TEMPIO DEL DIVO GIULIO

Presso la Regia si incontra un imponente podio in muratura, modesto resto di un tempio famoso, quello del Divo Giulio. Le fonti narrano che subito dopo la morte di Cesare il Senato decretò che, dove il suo corpo era stato arso sul rogo, fosse innalzata una colonna di marmo numidico con l'iscrizione "Parenti Patriae" recante un altare di fronte. Due anni dopo, nel 42 a.C., il Senato decretò anche la costruzione di un tempio a Giulio Cesare divinizzato, realizzato però negli anni successivi da Ottaviano che lo dedicò il 18 agosto del 29 a.C.

Dopo le spoliazioni medievali e la riscoperta avvenuta tra il 1872 ed il 1899, sopravvive attualmente solo il nucleo cementizio del podio, una base di colonna e alcuni frammenti di un capitello corinzio, del fregio e della cornice. L'elemento più singolare del podio è costituito dall'esedra visibile nella parte anteriore, chiusa in seguito da un muro a blocchi di tufo. In questa esedra si trova l'altare decretato dal Senato nel 44 a.C., eretto nel luogo della cremazione di Cesare.

Per avere un'idea dell'elevato del tempio dobbiamo ricorrere alle raffigurazioni monetali, che lo rappresentano esastilo e picnostilo, cioè con gli intercolumni stretti. Il podio non aveva scala sulla fronte, ma presentava una sorta di platea per gli oratori, dove erano stati affissi da Ottaviano Augusto i rostri delle navi egizie catturate nella battaglia di Azio. I Rostra ad Divi Iulii, così furono chiamati, divennero la sede privilegiata delle laudationes, ovvero le orazioni funebri. All'interno della cella si trovava una statua colossale di Cesare, con una stella d'oro sulla fronte.

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