LA TOMBA DELLA CACCIA E PESCA NELLA NECROPOLI DEI MONTEROZZI DI TARQUINIA

Databile in età tardoarcaica (520 - 510 a.C. circa), la Tomba della Caccia e Pesca di Tarquinia è una testimonianza fondamentale nella storia dell'arte etrusca. Trattandosi di una scoperta avvenuta nel corso di scavi ottocenteschi, mal condotti e mal documentati, pressoché nulla rimane del corredo funerario, mentre il ciclo decorativo delle pareti si conserva egregiamente.

La tomba ipogea, scavata nel banco calcareo della necropoli e originariamente sovrastata da un tumulo a pianza circolare, è costituita da due camere assiali, la prima avente funzione di vestibolo, la seconda di cella funeraria, comunicanti attraverso una porta. Vi si accede attraverso un dromos a gradini molto inclinato.

Il partito decorativo si adegua al tipico schema tardo arcaico, con una fascia superiore policroma che corre lungo le pareti, con motivi floreali quali foglie, ghirlande, fiori e boccioli penduli, dai vivaci colori ottenuti con sostanze minerali che hanno conservato intatto il pigmento.

Il frontone della parete di fondo della prima camera mostra una scena di ritorno dalla caccia, con gli aristocratici signori, i titolari del sepolcro, seguiti dai loro inservienti. Nella seconda camera, il timpano esibisce una scena con gli stessi aristocratici a banchetto, mentre sulla parete di fondo, in un suggestivo scenario marino, è rappresentata la pesca con reti dalla barca presso una scogliera, dalla quale si protende un fromboliere nel tentativo di colpire degli uccelli in volo sul mare.

Sulla parete laterale sinistra della cella di fondo, la scena di vita quotidiana prosegue, con un giovane che si tuffa dalla scogliera. Proprio grazie a questo particolare è stato possibile collegare l'atelier autore di questo ciclo pittorico con quello attivo, pochi decenni dopo, a Paestum, con la celebre Tomba del Tuffatore. Si trattava molto probabilmente di maestranze di origine magnogreca, che si spostavano lungo la penisola in base alle richieste dei ricchi committenti locali, portando con sé il loro bagaglio di conoscenze e modelli pittorici, che potevano essere replicati all'occorrenza non solo sulle pareti delle tombe ma anche su vasellame e pinakes.

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