L'ACQUEDOTTO APPIO (312 a.C.)
L'Aqua Appia veniva distribuita nelle zone del Foro Romano, Circo Massimo, Terme di Caracalla, Trastevere, Campo Marzio, Teatro di Pompeo, Pantheon. Nella tradizione letteraria è stata facilmente confusa con l'Anio Novus e con l'Aqua Claudia. L'acquedotto era lungo 16,5 km, prendendo origine nella zona tra via Prenestina e via Collatina, non lontano dalle sorgenti della Vergine, ad ovest del Fosso di Nona. Primizia della grandezza e della capacità tecnica romana, l'Acqua Appia fu condotta a Roma per volontà del Senato dai censori Appio Claudio Cieco e Gaio Plauzio Venox nel 312 a.C.
Come Thomas Ashby nel 1935 nel suo "The aqueducts of ancient Rome" scriveva, ed è ancora oggi vero, il percorso fuori e dentro la città dell'Appia non è noto, essendo sotterraneo in tutta la sua lunghezza. Questo era di impedimento a tentativi di sabotaggio da parte dei nemici dei Romani: non va dimenticato, infatti, che si era al tempo delle guerre sannitiche. Il percorso è stato ricostruito dallo studioso Claudio Di Fenizio nel 1916. Lungo tutto il percorso, la caduta complessiva dell'acqua era di circa 20 m, con una pendenza media dello 0,12 per mille.
Ignoriamo come abbia potuto, durante la guerra gotica, essere danneggiato, forse riempiendo con terra uno dei tanti pozzi di accesso. Claudio Di Fenizio osservò che la condizione che l'acquedotto abbia avuto l'incile sotto il livello del terreno non significava che l'acquedotto dovesse poi per tutto il suo tracciato proseguire interrato, cosa di cui si è certi.
L'Azienda Governatoriale Elettricità ed Acque di Roma, sulla base di questa ipotesi, ha potuto rintracciare, successivamente a lavori ed esplorazioni effettuati dal 1939 al 1942, parte delle sorgenti che alimentavano l'antico acquedotto Appio, ed incrementare così la dotazione idrica della città di circa 400 litri al secondo. Uscendo fuori terra in città, alcuni metri a lato e parallelo alla antica Porta Capena, il canale avanzava su arcate per 90 metri circa, dirigendosi quindi verso l'intersezione di via San Saba e Viale Aventino, dove fu visto da Rodolfo Lanciani e Raffaele Fabretti agli inizi del Novecento.
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