IL TITULUS DI SAN PIETRO IN VINCOLI

La chiesa di San Pietro in Vincoli sorge all'estremità nord-occidentale dell'Esquilino, in posizione molto prossima alla Domus Aurea. Si tratta di una zona anticamente signorile e ricca di domus, ma sul lato destro della chiesa il colle degrada in modo quasi verticale verso i quartieri popolari dell'Argileto e della Suburra.

La basilica è tra le più importanti di Roma, dopo le quattro grandi patriarcali. Si tratta di un Titulus che deriva la sua denominazione dalle catene, che una tradizione antichissima vuole abbiano incatenato l'apostolo Pietro durante la sua prigionia a Roma, e che sono conservate nella chiesa stessa quali sacre reliquie. Secondo la tradizione Elia Eudocia, madre di Licinia Eudossia figlia di Teodosio II e moglie di Valentiniano III, durante un viaggio in Palestina nel 442, avrebbe avuto in dono da Giovenale Patriarca di Gerusalemme, le catene che avevano avvinto San Pietro durante la prigionia, subita a Gerusalemme, per ordine di Erode Agrippa. Elia Eudocia incaricò la figlia Licinia di portarle a Roma. La tradizione cristiana narra che Licinia Eudossia mostrò le catene di Pietro provenienti da Gerusalemme a papa Leone I (440-461), che le avvicinò a quelle che erano già a Roma e che furono di Pietro nel Carcere Mamertino. Per miracolo le due catene si fusero in maniera irreversibile.

La presenza delle catene ha costituito, sin dai tempi più antichi, un polo di attrazione spirituale e di pellegrinaggio che pongono San Pietro in Vincoli quale secondo luogo di culto petrino dopo la basilica Vaticana. Di questo grande rilievo assunto dalla basilica eudociana troviamo testimonianza negli "Itinerari" dei pellegrini del VII-VIII secolo, che qui venivano per sostare in preghiera e invocare grazie. Il culto delle catene si diffuse rapidamente in Italia (Spoleto, Pisa, Ravenna, Pavia) e fuori (Numidia, Provenza, Ungheria): imperatori e grandi personaggi ecclesiastici richiesero spesso frammenti della reliquia.

Sotto la chiesa si trova una complessa stratigrafia di edifici classici e tardoantichi. Si tratta di almeno tre domus di età tardo-repubblicana (II-I secolo a.C.), i cui preziosi pavimenti in parte conservati ci testimoniano che si trattava di residenze signorili. Nel corso del I secolo d.C. queste case vennero distrutte e sostituite da un'unica domus ricca e dalle raffinate decorazioni. La domus ha un suo particolare sviluppo che culmina in epoca adrianea con un cortile centrale ornato da una vasca recante a sua volta all'interno un'aiuola verde. Nei lati lunghi del cortile erano due porticati con colonne, nei lati brevi due criptoportici. Successive trasformazioni portarono alla scomparsa della vasca e alla sostituzione del cortile con una aula absidata, che potrebbe aver avuto funzioni cultuali prima della erezione ufficiale della basilica.

Essa venne eretta utilizzando come fondamenta gli edifici preesistenti, e questo fa sì che l'edificio presenti oggi notevoli dissimmetrie. La primitiva dedica non fu tuttavia alle catene di San Pietro, ma agli Apostoli Pietro e Paolo. La notizia più antica risale infatti al concilio di Efeso del 431, dove troviamo tra i firmatari Filippo Presbyter Ecclesiae Apostolorum, che aveva rappresentato il Papa Celestino V nel sinodo.

In antico erano affisse all'interno alcune epigrafi che sono andate perdute, ma fortunatamente, come in molti altri casi, sono state trascritte dai pellegrini nel VII-VIII secolo. Esse ci danno notizie preziose per la storia più antica della chiesa. Alcune frasi sono rivelatrici: "...vecchia chiesa fai posto a quella nuova...mentre Sisto regge con onore la Sede Apostolica...l'opera è stata cura del presbitero Filippo", "Eudoxia sciolse il voto del Padre Teodosio e di sua moglie Eudocia". L'edificio subì dunque una ricostruzione da parte del successore di Celestino I, Sisto III (432-440), con il sostegno economico dell'imperatore d'Oriente Teodosio II e di sua moglie Elia Eudocia. La loro figlia Licinia Eudoxia o Eudossia che aveva sposato l'imperatore d'Occidente Valentiniano III, proseguì in questa opera di patrocinio della basilica, tanto che questa assunse in seguito l'appellativo di "eudociana" o "eudossiana". Esecutore materiale dell'opera fu il già citato presbitero Filippo.

Il Titulus di San Pietro in Vincoli era inserito nel sistema, detto "stazionale", delle processioni papali che si susseguivano durante l'anno liturgico. Il corteo, proveniente da Sant'Adriano al Foro e diretto a Santa Maria Maggiore, dalla via dell'Argileto (oggi Via della Madonna dei Monti) compiva una deviazione in salita verso la vetta dell'Esquilino per includere la basilica.

La chiesa di San Pietro in Vincoli è oggi meta del turismo di massa non più per la presenza delle sacre catene ma per il celebre Mosè, una scultura marmorea (h 235 cm) di Michelangelo, iniziata nel 1513-1515 circa, terminata nel 1542, nel complesso statuario concepito quale Tomba di Giulio II (in realtà un cenotafio, in quanto Giulio II è sepolto in San Pietro insieme allo zio Sisto IV). Tra le prime scolpite per il mastodontico progetto del mausoleo del papa da collocare nella basilica vaticana e che ne prevedeva in origine ben 40, fu anche l'unica tra quelle pensate fin dall'inizio ad essere usata nel ridimensionatissimo risultato finale, che vide la luce solo dopo quarant'anni di tormentate vicende e rapporti conflittuali tra l'artista e gli eredi di Giulio II Della Rovere indispettiti per gli enormi ritardi nella consegna dell'opera.

Per la visita guidata dedicata alle scuole a San Pietro in Vincoli, scrivere a inforomabella@virgilio.it, o compilare il form sotto. Gli ingressi SONO TUTTI GRATUITI per le scuole.