LA VILLA EXTRAURBANA DELL'IMPERATORE ADRIANO PRESSO TIVOLI

Villa Adriana fu la sontuosa residenza imperiale extraurbana dell'imperatore Adriano (117-138), presso Tivoli, l'antica Tibur, cui si arrivava da Roma attraverso la Via Tiburtina Valeria. Si tratta di un articolato complesso di edifici distribuiti su una ampia area di circa 120 ettari, sui Monti Tiburtini, ricca di fonti d'acqua. Non distanti dalla villa passavano quattro degli antichi acquedotti romani che portavano l'acqua a Roma: Anio Vetus, Anio Novus, Aqua Marcia e Aqua Claudia. Nelle vicinanze si trova ancora la sorgente di acqua sulfurea delle Acque Albule (Bagni di Tivoli), che era nota ed apprezzata dall'imperatore Adriano.

Il primo nucleo della villa, inglobato poi nel palazzo imperiale, era costituito da una antica villa extraurbana di età tardo-repubblicana, passata in eredità alla moglie di Adriano, Vibia Sabina.

Lo studio dei bolli laterizi ritrovati a Villa Adriana nel corso degli scavi fanno emergere tre distinte fasi di costruzione del grande complesso, tra il 118 e il 121, il 125 e il 128 e il tra il 134 e il 138. Adriano poté frequentare la residenza solo negli ultimi anni della sua vita, fino alla morte avvenuta a Baia il 10 luglio 138. Fu poi sepolto del Mausoleo a lui dedicato a Roma, oggi noto come Castel Sant'Angelo.

La complessità architettonica della residenza fu dovuta essenzialmente alla necessità di soddisfare esigenze e funzioni diverse: residenziali, di rappresentanza, di servizio, oltre alle caratteristiche irregolari del terreno su cui sorgeva. Lo stesso imperatore intervenne attivamente nelle fasi di progettazione, riproducendo nella sua villa i luoghi e i monumenti che egli aveva visitato durante i suoi viaggi nei territori dell'impero. Le costruzioni presentano le caratteristiche più originali dell'architettura romana del tempo, per cui le riproduzioni di monumenti della Grecia o dell'Egitto devono intendersi più come suggestioni evocative che come riproduzioni fedeli.

Dopo la morte dell'imperatore la villa fu utilizzata almeno fino al III secolo, come si evince dalla cronologia dei bolli laterizi relativi a restauri. A partire dal IV secolo fu lentamente abbandonata e nel corso del medioevo divenne zona agricola e cava di estrazione di materiali edili per le case di Tivoli, o addirittura riserva di marmi da cui estrarre calce nelle calcare.

Alla fine del XV secolo prese vita l'interesse di eruditi, umanisti, mecenati, papi, cardinali e ricchi aristocratici per l'antica villa. Tale interesse all'inizio portò all'intensificarsi dei saccheggi: allo scopo di predare statue e preziosi marmi furono condotti scavi da Papa Alessandro VI Borgia, poi da Papa Paolo III Farnese, poi dal cardinale Ippolito II d'Este, su incarico del quale Pirro Ligorio prelevò grandi quantità di materiali destinati alla villa di Tivoli.

Dal XVI al XIX secolo si intensificarono gli scavi, e le numerosissime opere d'arte recuperate (mosaici, statue, affreschi, rilievi, sculture e decorazioni architettoniche) confluirono nelle collezioni private di tutta Europa.

Dal 1870 furono avviati regolari scavi e restauri a carattere scientifico, che riportarono alla luce l'architettura degli edifici e anche elementi decorativi sopravvissuti ai saccheggi perpetrati in secoli di abbandono. Ancora oggi l'esplorazione sistematica del vastissimo sito archeologico è ben lontana dall'essere terminata.

IL PECILE. E' una rievocazione della stoà poikìle "portico dipinto" della Agorà di Atene, centro politico e culturale della città ellenica, vista da Adriano durante i suoi viaggi in Grecia. Si presenta come una grande piazza colonnata a pianta quadrangolare, ornata da un bacino e circondata da un porticato, il tutto sostenuto da contrafforti artificiali per livellare la pendenza del terreno. Tramite una serie di passaggi da qui si raggiungeva il Canopo. Sulla piazza si aprivano gli alloggi delle guardie, del personale amministrativo e dei servi imperiali.

IL CANOPO. Questa struttura intende evocare un braccio del fiume Nilo con il suo delta, che univa l'omonima città di Canopo, ove era un famoso tempio sacro a Serapide, con Alessandria, sul delta del Nilo. L'identificazione col Canopum è dovuta a Pirro Ligorio, architetto napoletano che operava per conto di Ippolito d'Este. Con il Canopo Adriano intendeva anche rievocare il suo viaggio in Egitto, durante il quale trovò la morte il suo amato Antinoo. Attorno alla piscina si sviluppava un colonnato impreziosito con copie di celebri statue greche, come le Cariatidi dell'Eretteo di Atene, che si affacciavano sulla piscina creando un meraviglioso riflesso sulla superficie dell'acqua. L'esedra all'estremità della piscina accoglie il triclinio imperiale al cui interno si trovava lo Stibadium, ovvero il letto riservato all'imperatore per il banchetto di rappresentanza, reso ancora più suggestivo dagli zampilli e dai giochi d'acqua delle fontane. Come suggerito dalla cronologia dei bolli laterizi del Canopo, esso tuttavia fu realizzato in una data antecedente al viaggio in Egitto dell'imperatore, prova del fatto che l'intento era quello di rappresentare o piuttosto evocare approssimativamente un ambiente esotico legato al Nilo e non riprodurlo fedelmente.

Il TEATRO MARITTIMO è l'area della villa realizzata per prima, e le sue caratteristiche di isolamento avallano l'ipotesi che il complesso costituisse il settore privato dell'imperatore. La struttura fu iniziata nel 118 e realizzata ad un solo piano, senza in realtà alcun rapporto con la vera forma di un teatro romano. Vi era infatti un pronao (noto da disegni rinascimentali) di cui non rimane più nulla, mentre sono ancora visibili la soglia dell'atrio e alcuni mosaici pavimentali. All'interno si trova un portico circolare affacciato su un canale al centro del quale sorge un isolotto, raggiungibile un tempo dalla sponda probabilmente tramite un ponte mobile.

LE TERME. Allineate con la valle del Canopo si trovano le vestigia di due complessi di terme denominate, per le loro diverse dimensioni, Grandi Terme e Piccole Terme. La diversità costruttiva fa pensare che diversi dovessero essere i frequentatori: ospiti di rango e membri della famiglia imperiale per le Piccole Terme, ornate con ricchissime decorazioni, e personale addetto alla Villa per le Grandi Terme, dagli ornamenti più sobri.

L'ANTINOEION. Era l'edificio legato al culto di Antinoo, giovane amante dell'imperatore e divinizzato dopo la sua morte. Secondo una tradizione letteraria Antinoo si sarebbe sacrificato gettandosi nel Nilo, per compiere un rituale che avrebbe consentito di aggiungere gli anni persi della propria esistenza, alla vita dell'imperatore. Secondo un'altra versione, fu gettato nel fiume per impedire la sua candidatura come possibile successore al trono imperiale. La struttura visibile oggi conserva la fondazione di due templi disposti l'uno di fronte all'altro all'interno di un recinto sacro, con un'esedra semicircolare sul fondo. Al centro dei due templi si trova il basamento dell'obelisco che è stato identificato con l'obelisco del Pincio a Roma. Si ritiene che fosse anche il luogo della sepoltura di Antinoo, ritratto nelle statue qui ritrovate come dio Osiride.

LA SALA DEI FILOSOFI. Si trova tra il Pecile e il Teatro Marittimo; era utilizzata per le riunioni più importanti ed era decorata alle pareti da crustae di marmo rosso che alludeva alla potenza dell'imperatore, come documentano le impronte delle lastre sulla malta e i fori di alloggiamento dei perni di sostegno. Sul muro erano scavate 7 nicchie dove erano probabilmente collocate le statue di altrettanti filosofi o uomini illustri della koinè ellenistico-romana.

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