LA FACCIATA DI SAN PIETRO OPERA DI CARLO MADERNO E L'ATRIO

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Carlo Maderno, che aveva dato una brillante prova delle sue capacità progettuali con la facciata della chiesa di Santa Susanna, a San Pietro si trovò vincolato a quanto già esisteva nelle fiancate michelangiolesche, la cui altezza doveva trovare corrispondenza anche nella facciata. Egli non poté nemmeno far sormontare l'ordine inferiore con un secondo ordine di altezza proporzionata, poiché avrebbe nascosto eccessivamente la cupola. Si limitò quindi ad impostare sopra l'ordine inferiore lo stesso attico cinquecentesco che gira tutt'intorno al tempio, come del resto intendeva fare nel suo progetto lo stesso Michelangelo. Tuttavia, se questa sovrapposizione risulta possente e dinamica quando la si osserva nel movimentato lato occidentale, sulla facciata produce un disarmonico rapporto larghezza - altezza. Per ovviare a questo difetto, su precisa indicazione di Paolo V, Maderno costruì ai lati estremi del prospetto due torri campanarie che avrebbero slanciato la facciata, inquadrando e sottolineando nello stesso tempo la cupola retrostante. Nel dicembre 1612 fu innalzato il campanile di destra e nell'agosto del 1618 quello di sinistra. Nel 1621, data della morte di Paolo V, la costruzione dei due campanili dovette essere interrotta per il cedimento del terreno sottostante, e la loro assenza anziché attenuare amplificò l'estensione in orizzontale del ritmo compositivo. Né migliore fortuna ebbe Bernini quasi venti anni dopo quando, nel 1641, fu costretto a demolire, per di più a proprie spese, la torre campanaria sul lato sinistro minacciata da evidenti lesioni apparse nella struttura sottostante. Dei campanili sono rimaste solo le basi, costituite dai due archi di passaggio ai lati del prospetto, del quale sembrano fare parte integrante, mentre avrebbero dovuto essere distaccati. Né a ciò pose rimedio la collocazione avvenuta tra il 1786 e il 1790 dei due orologi disegnati da Giuseppe Valadier con quadrante in mosaico del diametro di ben 4 metri.

Più che appoggiata al corpo della basilica, la facciata si eleva autonomamente su fondamenta proprie, iniziate il 5 novembre 1607. Il 10 febbraio 1608 fu posta la prima pietra dal Soprastante ai lavori Antonio Ghetto e il 21 luglio 1612 buona parte della immensa mole era compiuta. Larga m. 118 e alta m 48 escluse le statue, è marcata da colonne e paraste giganti con capitelli corinzi. Si divide in due ordini. Nell'ordine inferiore si aprono cinque cancelli di ingresso all'atrio sopra ai quali sono distribuite 9 finestre, di cui 3 con balcone. Dal balcone centrale, detto Loggia delle Benedizioni, si affaccia il Papa per le solenni benedizioni Urbi et Orbi (rivolte cioè alla città di Roma, di cui il papa è Vescovo, e al mondo intero), e da qui il cardinale protodiacono annunzia l'elezione del nuovo pontefice. Il passaggio tra l'ordine inferiore e quello superiore o attico è marcato dal Fregio sul quale si sviluppa, per 80 metri con caratteri alti m 1,10, l'iscrizione celebrativa del Papa committente: IN HONOREM PRINCIPIS APOST. PAULUS V BURGHESIUS ROMANUS PONT. MAX. AN. MDCXII PONT. VII (Paolo V Borghese romano, pontefice massimo, nell'anno 1612, settimo del suo pontificato, in onore del Principe degli Apostoli). Lo stesso Papa è ricordato anche nel grande stemma marmoreo, alto m. 5,50, al centro del timpano. Anche se l'epigrafe riporta la data del 1612, la facciata venne completata solo nei due anni successivi, con la rifinitura del cornicione, dell'attico e della balaustra sormontata dalle statue del Cristo Redentore (opera di Cristoforo Stati, allievo di Siméon Drouin, alta ben 7,50 m), San Giovanni Battista e 11 apostoli.

Attraverso 5 cancelli corrispondenti alle 5 porte che immettono nella basilica, si entra nell'atrio. Il cancello centrale (h 7,96 mt) fiancheggiato da due colonne in marmo africano del diametro di m 1,50, un tempo le prime due della navata centrale dell'antica basilica, reca lo stemma di Paolo V Borghese. I due laterali mediani hanno negli stemmi le api di Urbano VIII Barberini, che aveva fatto costruire una apposita fornace per lavorare il ferro della miniera pontificia di Monte Leone, mentre i cancelli estremi, più semplici, risalgono all'epoca di Pio VI (1775-1799). Sopra il cancello centrale, al di sotto della Loggia delle Benedizioni, è un rilievo eseguito in due lastre marmoree iniziato dal milanese Ambrogio Buonvicino nel 1612, trasportato a San Pietro nel 1614 e pagato il 23 dicembre 1615: raffigura la Consegna delle Chiavi. Alto 3 metri e largo 4,40 metri, oltre a San Pietro presenta 10 apostoli e su una targa in mezzo alle figure di Gesù e Pietro si legge la firma dello scultore: AMBROSIUS BONVICINUS MEDIOLANENSIS FACIEBAT.

Apertura della Porta Santa ad opera di Papa Francesco l'8 dicembre 2015

L'atrio, lungo 71 metri, largo 13 metri e alto 19 metri, è considerato tra i lavori più importanti di Carlo Maderno, architetto della Reverenda Fabbrica di San Pietro per 26 anni; fu compiuto nella struttura architettonica dal 1608 al 1612.

Il 16 maggio 1618, la Congregazione della Reverenda Fabbrica stipulò il contratto per la decorazione della volta, sia nell'atrio che nel vestibolo di destra, ed i lavori ebbero inizio dal 29 dello stesso mese, anniversario della incoronazione papale di Paolo V. La squadra di stuccatori, tutti ticinesi, era composta da Simone Daria, Giovanni Greppi, Rocco e Giovan Battista Solaro, Stefano Fuccari e Andrea da Carona. Nel contratto, gli esecutori erano vincolati al rispetto di precise norme: accollarsi le spese di tutti i materiali, usare solo stucco composto da calce bianca, pozzolana e polvere di marmo, e concludere il tutto entro 1 anno. Il disegno dell'impianto generale, approvato dal cardinale Benedetto Giustiniani, fu ideato da Carlo Maderno. Le 32 scene in stucco furono realizzate su cartoni di Giovan Battista Ricci da Novara secondo un programma iconografico redatto da Nicola Alemanni, prefetto della Biblioteca Vaticana.

Nella decorazione, che si sviluppa su una superficie di 3500 mq, si narrano le storie degli Apostoli Pietro e Paolo, sottolineando la preminenza di Pietro e il suo forte legame con la vita e la passione di Cristo. A rafforzare questo messaggio, ai lati delle lunette, sotto la volta, 31 statue rappresentano i primi papi martiri per la Fede. Le pareti sono scandite da pilastri alternati a colonne di ordine ionico, sormontate nel lato verso la basilica da timpani triangolari e curvilinei, decorati con delicate teste di Cherubini, alcune delle quali eseguite dal giovane Francesco Borromini. L'atrio, oggi come allora, deve preparare il visitatore a cogliere la ricchezza spirituale dell'interno, e come nei portici delle basiliche paleocristiane, viene proposto come zona di silenzio e rispetto dove sostare in riflessione, prima di percorrere la navata centrale e dirigersi verso la tomba di Pietro, centro e cuore della chiesa.

Sopra l'entrata principale è il celebre Mosaico della Navicella, rimaneggiamento dell'originale richiesto a Giotto negli anni successivi al 1304 dal cardinale Jacopo Stefaneschi, il più importante tra i committenti del primo Trecento italiano. In origine era di forma rettangolare e si trovava nel quadriportico della basilica costantiniana. Il fascino esercitato da questa opera sugli artisti contemporanei fu enorme. Dopo quattro sfortunati spostamenti, iniziati nel 1610 per i lavori di costruzione della nuova fronte - durante i quali nel mosaico si operarono smembramenti, ricomposizioni e restauri - fu qui rimontato da Orazio Manenti per volere di Clemente X Altieri. Ancora non finito, venne scoperto al pubblico per l'anno giubilare del 1675, sei giorni prima della apertura della Porta Santa. Quanto si vede oggi, tranne pochi particolari (il bordo dorato della nave, la vela gonfiata dal vento, il tratto di qualche apostolo), è il risultato del rifacimento seicentesco sul primitivo capolavoro. La rappresentazione si ispira all'episodio del Vangelo di Matteo, 14, 22-32: Gesù cammina sulle acque per raggiungere nella tempesta la barca degli apostoli, sbattuta dalle onde, e tranquillizza Pietro impaurito, invitandolo ad avere fede. La barca degli apostoli è allegoria della Chiesa, nave continuamente minacciata dalle tempeste, ma che non può mai affondare perché sostenuta dal suo fondatore, rappresentato come maestosa figura eretta sulle onde agitate, con la destra tesa verso San Pietro inginocchiato. Nell'angolo inferiore destro, in dimensioni ridotte, Giotto raffigurò il Cardinale Stefaneschi, che per quest'opera lo ricompensò con la considerevole somma di 2.200 fiorini.