UN'ORGANIZZAZIONE IN CRESCITA: I TITULI DI ROMA
Con la fondazione del Laterano il vescovo di Roma disponeva di una maestosa basilica in cui il cerimoniale della liturgia poteva svolgersi con una nuova solennità.
La tradizione aveva fissato ormai da tempo i principali momenti della preghiera in comune: la liturgia delle domus ecclesiae aveva ora la possibilità di confrontarsi con le tradizioni imperiali e pubbliche e cominciò un processo di rapida integrazione. La creazione della grandiosa aula della Basilica Salvatoris offriva nuove opportunità per lo svolgimento della liturgia, un nuovo stile per le preghiere, ma ancor più consentiva la socializzazione degli atti essenziali nella vita dei fedeli, il battesimo e la penitenza, e dava a tutta la comunità la possibilità di riunirsi insieme intorno al suo vescovo.
Una scelta architettonica ben precisa formava, influenzava, guidava nella sua crescita una comunità religiosa in forte espansione.
Contemporaneamente alle fondazioni dell'imperatore e della sua famiglia nacquero in ambito urbano le prime chiese di quartiere, rivolte alla missione locale del servizio liturgico e alla pastorale. Questi luoghi di culto, per una buona parte del IV secolo, fino alla morte di Papa Damaso almeno (384), furono legati alla iniziativa diretta dei pontefici, che per realizzarli utilizzavano i loro patrimoni personali o il ricavato delle collette dei fedeli, che essi stessi amministravano quali titolari, dal 321, del Concilium Catholicae, l'assemblea dei Cristiani della città. Nel periodo successivo, invece, i nuovi luoghi di culto furono frutto in particolare dell'evergetismo aristocratico, senza dubbio la fonte primaria del formarsi ed ampliarsi del patrimonio immobiliare e fondiario della Chiesa.
Il nome con cui vengono indicate queste postazioni cultuali legate alla missione territoriale è Titulus.
In realtà questo termine è attestato per la prima volta solo nel 377; nella sua accezione formale, il termine indicava l'atto costitutivo della fondazione, con il capitale necessario per la realizzazione dell'aula di culto, la dotazione degli arredi liturgici, l'illuminazione e il mantenimento del clero secolare. Fino alla riforma della gestione del patrimonio della Chiesa, nella seconda metà del V secolo, i Tituli godevano di completa autonomia rispetto alla amministrazione centrale del Laterano. Il Liber Pontificalis, la raccolta delle biografie dei primi pontefici giunta a noi nella redazione del VI secolo, attribuisce a diversi papi l'istituzione dei Tituli tra i quali erano distribuiti i Cristiani di Roma. La prima menzione per quanto indiretta è contenuta nella biografia di Papa Cleto, il terzo successore di Pietro. Più esplicita quella nella vita di Evaristo, da intendersi, però, entrambe come proiezione nel passato di istituzioni più recenti.
La notizia più completa è fornita nella biografia di Marcello, che esercitò il pontificato tra il 308 e il 309: oltre alla menzione dell'istituzione a Roma di 25 Tituli, ne viene sinteticamente descritta la funzione: "XXV titulos in urbe Roma constituit, quasi diocesis, propter baptismum et poenitentiam multorum qui convertebantur ex paganis, et propter sepolturas martyrum", proiettando anche in questo caso nel passato la situazione contemporanea del redattore.
Il numero complessivo esatto dei Tituli e i nomi dei presbiteri che li officiavano compaiono solo dalla fine del V secolo nelle sottoscrizioni di alcuni concili romani, che ci offrono la più antica informazione generale sulle chiese titolari.
Al sinodo del 499, convocato da papa Simmaco, sottoscrissero presbiteri appartenenti a 29 Tituli, a quello del 595, indetto da Gregorio Magno, ne sono attestati solo 24. Anche il numero dei presbiteri diminuisce da un sinodo all'altro, non solo perché è inferiore il numero dei Tituli, ma anche perché diminuisce il numero dei firmatari per ogni istituzione. Evidentemente il numero di 25, tramandato dal Liber Pontificalis a proposito del pontificato di papa Marcello, doveva essere in realtà soggetto ad oscillazioni, legate forse anche alla possibilità che alcune fondazioni titolari, per motivi a noi non noti, perdessero la loro funzionalità.
Solo 12 Tituli compaiono con la stessa denominazione nelle sottoscrizioni dei due sinodi, per quanto in quello di Gregorio Magno a tutti i nomi degli intestatari, gli evergeti che avevano finanziato la costruzione e che avevano lasciato il loro nome al Titulus, sia stata aggiunta la qualifica di Santo. Il fenomeno della santificazione dei fondatori ebbe poi per inciso riflessi importanti nella formazione del santorale romano; negli altri casi è possibile cogliere il processo di cambiamento da una denominazione ad un'altra o, più raramente, di fusione tra due istituzioni titolari vicine o comunque collegate.
La quasi totalità delle basiliche titolari conosciute si mostra insediata in proprietà private, per lo più domus, ovvero abitazioni unifamiliari, dotate di ampi spazi interni, in particolare vaste aule tricliniari, che potevano essere direttamente riutilizzate, con interventi poco impegnativi, alle nuove esigenze di culto. Più raramente ambienti di una domus venivano demoliti per costruire ex novo le aule di culto.
Risulta pertanto difficile stabilire quanto la trasformazione di questi spazi privati abbia modificato il tessuto urbanistico della città, quanto, quindi, i Tituli abbiano inciso sull'assetto topografico generale, quale sia stato il loro impatto visivo rispetto all'esistente. Ed è anche difficile rilevare se i nuovi complessi, adeguandosi all'assetto urbanistico, abbiano rispettato sempre i volumi degli edifici preesistenti, così come solo raramente è possibile determinare in qual modo i piani di posa dei nuovi edifici, spesso innalzati rispetto ai precedenti livelli, si siano raccordati alle quote della rete viaria esistente.
Nessuno degli edifici preesistenti ha restituito tracce che consentano di riconoscere con certezza un insediamento cristiano di età pre-costantiniana, per quanto non siamo in grado di determinare in che cosa debbano consistere gli eventuali elementi connotanti l'uso cultuale di un ambiente in epoca anteriore alla pace; per questo motivo la teoria, che ha riscosso in passato un grande consenso, di un rapporto diretto di derivazione tra chiese titolari e domus ecclesiae ad esse preesistenti, appare non giustificata dalle testimonianze archeologiche.
Unica eccezione peraltro molto discussa sembra essere offerta dagli ambienti al piano terra di un'insula sottostante la chiesa titolare dei Santi Giovanni e Paolo al Celio: alcune stanze situate dietro le botteghe prospicienti il Clivo di Scauro si mostrano utilizzate, nel corso del III o dei primi anni del IV secolo, senza particolari modifiche strutturali, ma con una decorazione che presenta temi la cui lettura in chiave cristiana sembra difficilmente confutabile.
Alcune domus ecclesiae sopravviveranno accanto ai Tituli, almeno fino alla metà del IV secolo, come testimoniano fonti contemporanee. Durante il pontificato di Giulio I, ad esempio, il presbitero Vito ospitò nella sua casa "ove era solito celebrare la sinassi" vescovi e preti venuti a Roma per il concilio del 340, come attesta Atanasio.
Il quadro generale della distribuzione dei Tituli mostra come questi non siano equamente distribuiti nelle diverse regioni di Roma e come, anche nell'ambito di una stessa Regio, sia evidente una certa disomogeneità nella dislocazione. Sicuramente risultano privilegiate le zone a maggiore concentrazione abitativa, in risposta quindi ad esigenze di natura pastorale, ma l'affollamento delle postazioni titolari in alcune aree è di difficile spiegazione. In molti casi, sicuramente a determinarlo fu la casualità, legata alla disponibilità degli edifici o dei terreni concessi, o comunque alla generosità dei benefattori, anche se appare logico immaginare una sorta di selezione operata dalla gerarchia ecclesiastica nell'ambito delle donazioni, in funzione anche delle esigenze della missione locale; per alcune situazioni molto più limitate invece, fu forse la necessità di andare incontro alle esigenze di cristiani di etnie diverse, legate a tradizioni liturgiche proprie. Comunque, alla fine del V secolo quando ormai era terminato il processo di insediamento di nuovi Tituli, ogni fedele di Roma aveva la possibilità di trovare a non più di 500 metri dalla propria abitazione una chiesa titolare.
Almeno fino alla metà del V secolo l'organizzazione dei Tituli non sembra legata alla suddivisione amministrativa ecclesiastica in sette Regiones. Questa divisione, che si era venuta ad affiancare alla ripartizione augustea in quattordici Regiones, che comunque sopravvive ancora per lungo tempo per finalità amministrative, è sicuramente attestata dalla fine del III - inizi del IV secolo. Ogni Regio era affidata alle cure di un diacono, che si occupava di raccogliere le offerte dei fedeli, compito questo che il rapido progredire delle conversioni e in particolare l'ingresso nella comunità di famiglie aristocratiche rendeva oltremodo delicato, e di distribuire gli aiuti ai bisognosi.
Verso la metà del V secolo le chiese titolari diventarono esse stesse luoghi della colletta delle offerte: da questo momento anch'esse furono incardinate nel sistema regionale delle circoscrizioni ecclesiastiche, perdendo parte della loro autonomia amministrativa.
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