IL PANTHEON, IL TEMPIO "PADRE" DI TUTTI I TEMPLI ROMANI

Il Pantheon è forse il solo edificio dell'antica Roma che sia giunto quasi integro fino ai giorni nostri. Non solo: rappresenta il primo caso di un tempio pagano trasposto al culto cristiano, e dunque è ininterrottamente in uso per scopo religioso fin dal momento della sua fondazione. Edificato come tempio dedicato a tutti gli dei, il Pantheon fu eretto nell'area del Campo Marzio dove Romolo, il fondatore della città, secondo la tradizione sarebbe asceso al cielo.

L'impianto originario della struttura, eretta nel 27 a.C. per volontà del console Marco Vipsanio Agrippa, era costituito da un tempio periptero di tipo greco consacrato al culto di tutte le divinità. A seguito dell'incendio che devastò il Campo Marzio nell'80 d.C., l'imperatore Adriano lo fece interamente ricostruire con pianta circolare, fece aggiungere il pronao e erigere la più grande cupola mai edificata fino ad allora, mantenendo però in segno di rispetto per il primo fondatore, il nome di Marco Agrippa sulla facciata.

Nel 608 l'imperatore bizantino Focas, in visita a Roma, donò il tempio al papa Bonifacio IV che il 13 maggio del 609 lo consacrò al culto cristiano e lo rinominò "Sancta Maria ad Martyres". All'atto della consacrazione, schiere di diavoli atterriti, che da secoli vi abitavano indisturbati, si sarebbero alzati in volo, per uscire dall'occhio della cupola e non tornare mai più. Pochi anni dopo Costante II, nuovo imperatore d'Oriente, ordinò che venissero rimosse e portate a Costantinopoli le tegole in bronzo dorato che ricoprivano il pronao, ma queste furono rubate da pirati durante il trasporto via mare e andarono perdute.

Il Pantheon resistette così per altri mille anni finché nel 1623, per ordine di papa Urbano VIII Barberini, i rivestimenti in bronzo del pronao furono destinati in parte alla costruzione del baldacchino di San Pietro e in parte alla fusione di alcuni cannoni per Castel Sant'Angelo. L'episodio, insieme alle varie spoliazioni di materiali da costruzione che in quegli anni furono perpetrate su altri monumenti della Roma imperiale, fece nascere tra i romani il detto: "quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini" ovvero "ciò che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini!".

Il Pantheon è alto oltre 43 metri, e il porticato formato da 16 imponenti colonne di granito immette in un ambiente circolare illuminato solo dalla apertura di 9 metri di diametro costituita dall'oculus, ricavato alla sommità della cupola. Fra le sepolture presenti all'interno, celebri sono quelle di Raffaello, morto a Roma nel 1520, e dei reali d'Italia Vittorio Emanuele II, Umberto I e Margherita di Savoia.

Proprio il fantasma di Umberto I, assassinato a Monza nel 1900, sarebbe apparso in più di una circostanza. Degna di nota è la apparizione del 1930, quando si manifestò a un carabiniere che montava la guardia ai sepolcri. In tale occasione si disse che Umberto I avesse affidato al militare un messaggio politico il cui contenuto il regime fascista avrebbe mantenuto ignoto. A testimonianza della sua apparizione, lo spettro volle toccare la manica del cappotto del carabiniere lasciandovi una bruciatura.

Quanto a Raffaello, questi scomparve molto giovane, a soli 37 anni, secondo il Vasari per una febbre dovuta a "eccessi amorosi". La sua tomba al Panteon reca una bella iscrizione: "Qui giace quel Raffaello da cui la Natura, mentre era in vita, temette di essere superata, e quando morì, temette di morire con lui". Sulla tomba di Raffaello sarebbe apparsa più volte la Fornarina, sua modella e amante: il fantasma porterebbe ancora fiori sulla tomba del pittore!

Ma nessuna leggenda può competere con quella che riguarda Pietro Bailardo, mago, astrologo e avventuriero salernitano, sempre alla ricerca della pietra filosofale che gli avrebbe permesso di preparare l'elisir di lunga vita nell'eterna giovinezza, unica cosa che il suo "Libro del Comando" non poteva garantirgli.

Dopo una vita di dissipatezze, decise di chiedere perdono a Dio e di fare un pellegrinaggio a Gerusalemme, uno a San Giacomo di Compostela in Spagna e uno al Pantheon a Roma. Solo che decise di farlo... in una sola notte!

Con l'aiuto del Libro del Comando, Bailardo impose al demonio di trasformarsi in un cavallo magico, velocissimo. Arrivati che furono però sulla Piazza di fronte al Pantheon, satana ritornò demone e reclamò l'anima del mago, dovutagli per i suoi grandi peccati. L'uomo astutamente distrasse il diavolo mettendogli in mano delle noci, di cui a quanto pare i diavoli sono ghiotti, e veloce sgattaiolò nel tempio, mettendosi in salvo. Fu così che Satana, furente, sprofondò sottoterra, generando il fossato che corre di fianco al Pantheon!

Dopo il Sacco di Roma del 1527, l'imperatore Carlo V arrivò in città per concordare una pace fittizia: superfluo dire che era assolutamente odiato dal popolo romano dopo quello che i suoi mercenari avevano fatto. Tuttavia, nel corso della sua permanenza in città visitò diversi luoghi, e volle essere accompagnato sul tetto del Pantheon da un giovane nobile della famiglia dei Crescenzi, che erano in possesso della chiave della scala. Giunto che fu sul tetto dell'edificio, l'imperatore si avvicinò all'occhio centrale, e gettò uno sguardo nella chiesa. Il ragazzo confidò più tardi al padre che era stato fino all'ultimo istante tentato di spingere giù il Borbone. Lapidaria la risposta del padre: "figlio mio, queste cose si fanno ma non si dicono".

(da A. Toso Fei, Misteri di Roma, Venezia 2012, pp. 218 sgg.).