CASEGGIATO DEI MOLINI E GRANDI HORREA

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Lungo la Via dei Molini, un Cardo che costituisce la prosecuzione verso Nord della strada chiamata Semita Horreorum (sentiero dei Magazzini) possiamo osservare i resti delle mura del Castrum repubblicano di Ostia, databili alla metà circa del IV secolo a.C. Preservate per una altezza corrispondente a dieci filari di blocchi di tufo, furono inglobate in costruzioni successive di età imperiale, quando la loro originaria funzione difensiva era ormai venuta meno. Sul lato orientale della strada si apre un grande complesso di Horrea, magazzini per il grano, costruito sotto l'impero di Claudio. Si tratta del più grande edificio di tal genere oggi noto a Ostia: possiede un muro perimetrale in blocchi di peperino con funzione tagliafuoco, e un grande cortile interno dove avvenivano le operazioni di carico e scarico del cereale. Fu ampliato sotto l'impero di Commodo e fu dotato di rampe per l'accesso ai piani superiori per ampliare la capienza dell'edificio. La porzione occidentale dell'edificio fu ulteriormente ampliata sotto Settimio Severo, e fu in seguito, probabilmente nel corso del IV secolo, collegata con delle arcate in laterizio alle fronti delle insulae che si aprivano sul lato opposto di Via dei Molini, determinando un passaggio sotto una serie di arcate, una sorta di criptoportico.

Il grano proveniva via mare in modo particolare dal Nord Africa, dalla Sicilia e dalla Sardegna, e una volta scaricato dalle Naves Onerarie dagli addetti chiamati Saccarii, veniva stoccato in grandi giare in terracotta (dolia) semi-sepolte in uno strato di sabbia o pozzolana, per preservare il prezioso contenuto da calore e umidità. Le operazioni di trasporto del grano all'interno del magazzino avvenivano a spalla o a dorso di mulo, in quanto gli stretti passaggi interni non erano praticabili da carri.

Sul lato occidentale di Via dei Molini ed in stretta connessione con il vicino magazzino, si trova il più grande molino di Ostia, il Molino di Silvanus (non il proprietario, ma la divinità alla quale era consacrata l'attività all'interno dell'edificio).

Si trasportava il grano all'interno del Molino a dorso di mulo, come testimonia la presenza del basolato, invece del più comune opus spicatum, nella pavimentazione interna, con numerose tracce lasciate dal secolare calpestio degli zoccoli degli animali. Il grano veniva versato all'interno di pesanti macine in pietra mosse da muli, composte da un elemento superiore a forma di clessidra, cavo in mezzo, chiamato Catillus, e da un elemento conico fisso a terra, chiamato Meta. Grazie allo sfregamento delle due superfici in pietra lavica durissima e ruvida, il grano macinato veniva raccolto a terra e setacciato, quindi la farina ottenuta veniva venduta localmente o spedita a Roma. Le dimensioni di questo molino e il numero e le dimensioni delle mole lasciano intendere infatti che i suoi prodotti fossero destinati non solo alla stessa Ostia, ma anche all'Urbe. All'interno dell'edificio (un'insula in laterizio di età adrianea abitata ai piani superiori) è stato ritrovato anche un forno a pianta circolare per la cottura del pane, e un sacello o luogo di culto con un piccolo piedistallo dove era collocata la statuetta di Silvanus, al centro del culto da parte degli schiavi che lavoravano in questo luogo.