STORIA E LEGGENDA A ROMA: LE OCHE DEL CAMPIDOGLIO
Percorrendo via dei Fori Imperiali si svolta per via di San Pietro in Carcere ed in un attimo si sale in Piazza del Campidoglio, uno dei luoghi più belli ed emblematici di Roma. Qui ebbero luogo alcuni avvenimenti cruciali della storia di Roma. Uno dei più noti, ammantato di un velo di leggenda, ha delle protagoniste particolari, che nel 390 a.C. salvarono la città.
Roma era sotto assedio da parte dei Galli, guidati da Brenno, che da tempo cercavano un modo per conquistare il colle. Qui si erano infatti rifugiati tutti quei Romani che non erano fuggiti dalla città all'arrivo degli assalitori. Narra una leggenda che i Galli, seguendo il generale romano Marco Furio Camillo (che era stato richiamato dall'esilio per difendere Roma) erano riusciti a scoprire un passaggio segreto che avrebbe permesso loro di accedere al Campidoglio, e si preparavano nottetempo a conquistare il colle. Un'altra versione parla di un cunicolo sotterraneo scavato dagli stessi assedianti.
Quale che sia la verità, a un certo punto alcune oche, unici animali non ancora sacrificati alla fame degli assediati perché sacre a Giunone, disturbate dai Galli cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo Marco Manlio, un abile soldato che era stato console tre anni prima e che stava difendendo la rocca: "Mentre i suoi compagni correvano in disordine - racconta Tito Livio - con un colpo di scudo ricacciò giù dal pendio un nemico che era già riuscito a raggiungere la sommità dell'erta e travolse quelli che gli venivano dietro. E poiché si aggiunsero gli altri, i Galli vennero allontanati con lancio di frecce e pietre, e precipitarono". L'assedio fu dunque respinto grazie al provvidenziale intervento delle oche, e l'arrivo di Furio Camillo ribaltò le sorti della guerra a favore dei Romani.
I Galli cercarono quindi un compromesso: a fronte di un tributo pari a mille libbre d'oro, avrebbero tolto l'assedio. Ma al momento di pagare, i Romani si accorsero che le bilance erano state truccate; alle loro rimostranze, Brenno, in gesto di sfida, gettò la sua spada sulla bilancia pretendendo un maggiore peso d'oro, e pronunciando la frase Vae victis! (guai ai vinti!). Secondo la tradizione, esiste però anche un secondo analogo episodio leggendario: mentre i romani chiedevano tempo per procurarsi l'oro che mancava, Furio Camillo raggiunse Roma con il suo esercito. Giunto di fronte a Brenno, gli mostrò la sua spada e gli urlò in faccia: "non auro, sed ferro, recuperanda est patria" (non con l'oro, ma con il ferro, si riscatta la patria).
(tratto da: A.Toso Fei, I MISTERI DI ROMA, Venezia 2012, pp. 126 - 127).