ER "CACCIADENTI AUFFA" DEL FATEBENEFRATELLI ALL'ISOLA TIBERINA

Tra il 1868 ed il 1903 prestò servizio presso l'ospedale Fatebenefratelli all'Isola Tiberina, fondato dal Padre Priore Pietro Soriano nel 1584, un dentista veramente speciale: Fra' Giovanni Battista Orsenigo.

Giunto a Roma da Pusiano, una cittadina tra Como e Lecco, per offrire la sua professionalità in modo del tutto gratuito, spendendo le sue energie per curare i poveri di Roma che non potevano pagare, in circa 35 anni di attività praticò una quantità inverosimile di estrazioni: ben 2.000.744! Ma quello che più stupisce di questo personaggio, è che era talmente bravo, da non utilizzare nessuno strumento dentistico tradizionale. Si serviva esclusivamente delle sue fortissime mani che allenava ogni giorno con molle di acciaio e palline di cera, che stringeva continuamente in pugno per rafforzare i muscoli delle dita e dei polsi, proprio come fanno i pugili.

Faceva accomodare il suo paziente nella sala di attesa, non nello studio, per non fargli capire che era già "sotto i ferri", ottenendo in questo modo la sua tranquillità, e, con la scusa di esaminare il problema, gli faceva aprire la bocca e con un colpo secco gli estraeva il dente.

Il suo servizio era gratuito e rivolto ai poveri, ciò non toglie che mandibole famose si affidarono alle forti mani del frate della Brianza. Giosuè Carducci, Menotti Garibaldi, Quintino Sella, persino la Regina Margherita andarono a curarsi i denti da Orsenigo!

Tale era la fila, giorno e notte, dei suoi pazienti, che addirittura all'esterno dell'ospedale era stata costruita una tettoia, per permettere di fare la fila anche sotto la pioggia o il sole cocente!

Dopo il 1903 fu trasferito a Nettuno, dove morì nel 1904. Una volta smobilitato il suo studio, si vide che i denti che egli aveva estratto in tutti quegli anni erano stati conservati, e si trovavano in alcune casse di legno, da lui custodite nel retro. Erano così numerosi che furono utilizzati, mescolati al cemento, per fare i marciapiedi all'interno dell'ospedale!

Alcuni suoi appunti autobiografici furono raccolti e pubblicati postumi da un suo confratello, Frate Giuseppe Magliozzi, con una biografia dal titolo "Er cacciadenti auffa de 'na vòrta".

A proposito, sapete perché per dire gratis (con una vaga accezione dispregiativa: a scrocco) si dice in tutta Italia "aufa" o "auffa"? Durante la costruzione della basilica di San Pietro, tutti i carri che entravano a Roma portando i materiali destinati all'enorme cantiere, erano esentati dal pagamento del dazio della Dogana di Terra dello Stato Pontificio (ovviamente, la Chiesa non poteva tassare sé stessa!). Tali carri recavano sulla fiancata la sigla A.U.FA. che stava per "ad usum fabricae", e ciò li esentava dalle imposte! Leggendola di continuo, AUFA, l'espressione è divenuta di uso comune fino ai nostri giorni.

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