LE TUBAZIONI ROMANE

Dal serbatoio, l'acqua raggiungeva le varie utenze e, sebbene Vitruvio affermasse che è meglio usare i tubi in terracotta che in piombo, ritenendo quest'ultimo insalubre per le popolazioni, quasi tutte le tubazioni che raggiungevano le utenze erano realizzate con questo metallo.

Per costruire i tubi in piombo, le fistulae, si usavano, generalmente, stampi in pietra della lunghezza di 10 piedi (2,96 m) nei quali si colava il piombo fuso. La larghezza degli stampi, e l'altezza dei bordi, determinavano le dimensioni e lo spessore delle lastre in piombo che si desideravano realizzare. Una volta ottenuta la lastra di piombo, questa veniva avvolta intorno ad un'anima di legno, a sezione circolare, e i due lembi della lastra venivano saldati o ripiegati e poi saldati. In tal modo si ottenevano tubi di lunghezza standard (10 piedi) e di diametro variabile da 2,3 cm a circa 30 cm.

Ad ogni diametro corrispondeva un preciso spessore, uno specifico peso e, pertanto, una specifica resistenza. Sulle tubazioni a servizio di clienti importanti, o su quelle pubbliche, venivano stampigliati in rilievo il nome del concessionario e altre informazioni utili alla messa in sede dello spezzone di tubo. Quando la tubazione raggiungeva un invaso, fosse una casa privata, una fontana o un edificio pubblico, era indispensabile poter regolare il flusso tramite una chiave, un rubinetto.

Nella produzione di chiavi e valvole i Romani furono grandi maestri e ne produssero di tutte le dimensioni. Tutte le valvole romane, rinvenute negli scavi, sono in bronzo con un maschio verticale, forato orizzontalmente, che si inserisce in una femmina fissa, entro la quale può ruotare. La femmina è collegata con saldature al tubo di entrata, tramite un foro passante sempre aperto che fornisce il getto dell'acqua. Con la rotazione del maschio si ha l'occlusione o un'apertura parziale o totale del foro coassiale con quello della femmina, e quindi la regolazione del flusso. La rotazione del maschio poteva avvenire manualmente, nelle valvole piccole, o (in quelle più grandi) tramite apposite chiavi a sezione quadrata che si inserivano nella testa del maschio.

Di particolare interesse alcune valvole che ricevevano, da due distinte tubazioni, acqua calda e fredda. Con la rotazione del maschio si otteneva la miscelazione. Il piombo, come tutti i metalli, è sempre stato oggetto di furti, per cui in epoca romana, al fine di evitarli e di scoraggiare le manomissioni, la rete delle tubazioni era sempre protetta, affogata nelle murature o alloggiata in gallerie di servizio cui potevano accedere solo i Plumbarii, i tecnici addetti al montaggio, alla manutenzione e alla gestione degli impianti idraulici per la distribuzione alle strutture pubbliche, alle case e alle fontane.

La scarsezza di metalli dal medioevo ai nostri giorni ha fatto sì che tutte le componenti metalliche degli impianti fossero asportati. Anche negli scavi archeologici del passato, le fistulae in piombo, se non contenevano parti stampigliate, venivano spesso vendute per finanziare gli scavi.

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