ANALISI TECNICA E STILISTICA DELLA VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA

Particolarmente impegnativa dovette essere la realizzazione della struttura architettonica dipinta che fa da cornice alle scene bibliche e da supporto alle figure dei Veggenti, degli Ignudi e degli Antenati.

Vi furono certamente impegnati sia il maestro che i garzoni e, data la estrema irregolarità delle superfici, il disegno progettuale dovette essere continuamente adattato alla situazione locale. Poiché esso fu eseguito direttamente in situ, incidendo l'intonaco con una punta e facendo uso di chiodi, corde e regolo, l'impronta delle modifiche apportate al tracciato iniziale è rimasta impressa nella malta e testimonia l'attenzione con cui Michelangelo seguì la realizzazione dell'impianto in ogni suo singolo elemento, predisponendo fra l'altro alcuni cartoni anche per le parti ornamentali ripetitive - ghiande e conchiglie - delle cornici delle vele. Nonostante l'artista avesse chiamato a sé degli aiuti esperti, tutti provenienti dalle migliori botteghe fiorentine, la mancanza di consuetudine con i materiali - calce e pozzolana - che a Roma venivano impiegati per gli intonaci, creò inizialmente i problemi descritti dalle fonti: essi furono risolti con l'ausilio del Sangallo ma i danni prodotti costrinsero Michelangelo a rifare il Diluvio, che fu il primo affresco eseguito sulla volta come indica la sequenza delle giornate.

Della versione iniziale del Diluvio il Maestro conservò solo il gruppo dei fuggiaschi sull'isolotto e nel prosieguo del lavoro depurò la propria tecnica esecutiva di tutte quelle soluzioni parzialmente a secco che aveva adottato nella stesura precedente, dipingendo quasi esclusivamente in buon fresco, eccezion fatta per alcuni pentimenti e per i tondi, dove la presenza delle dorature lo costrinse ad operare diversamente.

Trattandosi inoltre di una volta, adottò un tipo di stesura priva di corpo, spesso estremamente acquerellata, costruendo le immagini con una fitta trama di pennellate, a volte più fitte e accostate fino a creare una superficie marmorea e traslucida, a volte lasciate più rade così da far trasparire il fondo: il risultato è una pittura luminosissima, fatta per essere leggibile in ogni condizione di tempo e quindi di luce, di una perfezione quasi maniacale, senza che ciò leda il senso di estrema libertà espressiva che traspare da ogni singolo dettaglio.

Superate le difficoltà iniziali il lavoro proseguì speditamente verso la parete dell'altare, procedendo con ogni probabilità dall'alto verso il basso e campata per campata: allo stesso modo dovette andare in linea di massima anche la progettazione grafica e non è probabilmente un caso che quando su un foglio compaiono gli studi di più figure, essi siano sempre riferibili alla stessa campata.

Poiché il ponte lo consentiva, anche le lunette vennero eseguite nell'ambito della stessa campagna: forse tutte insieme al termine di ogni pontata o forse procedendo di pari passo con il lavoro della volta. Le differenze apparenti e soprattutto la maggior libertà espressiva che esse denotano rispetto alle figure della volta non sono infatti dovute a motivi cronologici, ma all'assenza di un cartone preparatorio: disegnate e dipinte con estrema rapidità, con enormi giornate mediamente di quasi quattro metri quadri, le lunette sono in realtà delle grandi gauches, cioè dei grandi disegni colorati e del disegno possiedono la libertà espressiva e di conseguenza la maggiore modernità rispetto alle immagini più rifinite della volta.

Con ogni probabilità nel settembre del 1509 Michelangelo modificò la composizione della bottega rinunciando all'apporto di alcuni elementi - in particolare di Granacci e Bugiardini, il primo dei quali risulta in seguito attivo a Firenze - forse sostituendoli fin da allora con altri meno prestigiosi, più precisamente con i reggiani Giovanni Trignoli e Bernardino Zacchetti. La partenza degli aiuti dovette coincidere con la realizzazione della scena del Peccato Originale: qui l'impianto compositivo muta radicalmente, riducendosi a pochi personaggi le cui proporzioni crescono fino a superare i due metri di altezza, muta il ritmo operativo con un aumento di dimensioni delle giornate e una conseguente dimensione sia del loro numero che dei dettagli interni: ad esempio nella Cacciata la figura di Eva è alta due metri e fu realizzata in una sola seduta di lavoro. In sostanza con il Peccato Originale si crearono delle condizioni che resero improponibile l'intervento della bottega nelle Storie e obbligarono Michelangelo a limitarne l'impiego alle parti secondarie: tondi, rilievi dei troni, e all'impianto decorativo accessorio.

Nell'agosto del 1510 l'artista aveva "fatta la metà, cioè dalla porta fin a mezo la volta" (Condivi)", ma ai primi di settembre dovette interrompere a causa della partenza del papa che lo lasciò "senza ordine nessuno, i'modo che mi trovo senza danari né.sso quello m'abbia a fare".

L'assenza del papa costrinse Michelangelo ad una pausa di un anno e solo in occasione della festa dell'Assunta del 1511 il ponteggio fu smontato e l'artista poté mostrare quanto aveva fatto a Giulio II, il quale gli diede il suo assenso a continuare, e il primo ottobre gli fece versare un anticipo di 400 ducati. Secondo Hirst è probabile che intorno a questa data siano ripresi i lavori sul ponte che nel frattempo era stato riallestito nella seconda metà della cappella.

Quello che seguì fu un incredibile "tour de force" che si concluse un anno più tardi, nell'ottobre del 1512, consentendo a Michelangelo di scrivere finalmente al padre: "Io ho finita la chapella che io dipignevo: el papa resta assai ben soddisfato".

"Sentissi nel discoprirla correre tutto il mondo d'ogni parte, e questo bastò per far rimanere le persone trasecolate e mutole", così descrive Vasari l'effetto prodotto dallo scoprimento del lavoro michelangiolesco. In realtà fin dal primo smontaggio del ponte nel 1511, l'opera suscitò consenso ed ammirazione entusiastici e primo fra tutti "Raffaello da Urbino, che era molto eccellente in imitare, vistola mutò subito maniera e fece a un tratto, per mostrare la virtù sua, i Profeti e le Sibille dell'Opera della Pace" (Vasari). Al di là però degli affreschi di S. Maria della Pace ricordati dal biografo aretino, il paragone più diretto perché effettuato in Vaticano, Raffaello lo affrontò con la decorazione della stanza di Eliodoro, che nella scena dell'Uscita dall'Arca contiene riferimenti testuali alla Creazione e alla vela di Giuditta, così come la stesura acquerellata del colore è derivata da quella della volta della Sistina.

In ambito raffaellesco anche Giulio Romano, quando dovette affrescare la Caduta dei Giganti nel palazzo Ducale di Mantova, serbò viva la memoria dell'opera di Michelangelo, creando una composizione che contiene dei riferimenti palesi alla vela del Serpente di Bronzo.

Stilisticamente la volta è un prodotto ancora tipicamente fiorentino, sia dal punto di vista formale che, come ha dimostrato il restauro, da quello cromatico. Fiorentino è infatti il gusto per un colore essenzialmente freddo, venato di intellettualismo e sostanzialmente non naturalistico, e fiorentina è la cultura tecnico-figurativa che ne permea le immagini: all'origine vi è da un lato l'esperienza vissuta nella bottega del Ghirlandaio, dall'altro il ricordo di soluzioni formali alla Filippino Lippi particolarmente evidenti negli ignudi soprastanti il Profeta Gioele.

I quattro anni impiegati per condurre a termine l'impresa non furono però senza esiti su Michelangelo e gli effetti di una maturazione in atto si avvertono già nel passaggio dagli Ignudi paralleli alla Ebbrezza a quelli delle campate successive, che denotano contorni meno duri e un modellato più morbido e sfumato: una mutazione ancor più netta ed un maggior distacco dalla cultura di partenza si registrano poi nelle immagini realizzate con la seconda pontata che denunciano innanzitutto una maggiore monumentalità di impianto. Questa diversa monumentalità, l'ardire delle soluzioni prospettiche messe in atto, la gamma estremamente acidula del colore e l'uso frequentissimo del cangiante, non mancarono ovviamente di avere effetti precoci su coloro che divennero i figli putativi di Michelangelo, da Andrea del Sarto, a Rosso, a Pontormo e allo stesso Domenico Beccafumi.

Per ricevere informazioni dettagliate sui laboratori didattici e sulle visite guidate per le scuole nei Musei Vaticani, nelle Stanze di Raffaello e nella Cappella Sistina, inviare una mail a romabella@visite-guidate-roma.com, oppure compilare il form sottostante.