IL TITULUS BYZANTIS ET PAMMACHI SOTTO I SS. GIOVANNI E PAOLO AL CELIO

La basilica dei Santi Giovanni e Paolo è ubicata lungo le pendici occidentali del Celio, al centro di una delle zone più ricche di Roma per densità di testimonianze storico-artistiche ed archeologiche. La storia della sua istituzione cultuale è una delle più intricate tra quelle dei Tituli romani. Va infatti ricordato che inizialmente nell'ambito del complesso celimontano vengono menzionate non una ma due distinte postazioni titolari, che coesistono per un periodo di tempo relativamente lungo, il Titulus Byzantis e il Titulus Pammachi, così chiamate dal nome dei due fondatori: il senatore Bizante, ignoto alle fonti e conosciuto soltanto grazie alla Passio dei Santi Giovanni e Paolo, e il ricco patrizio Pammachio, storicamente ben documentato e ricordato in particolare per le sue generose elargizioni a favore della comunità cristiana (una tradizione lo vorrebbe figlio di Bizante).

Il Titulus Byzantis viene menzionato per la prima volta agli inizi del V secolo in un'epigrafe funeraria databile al pontificato di Innocenzo I proveniente dalle catacombe di San Sebastiano; in seguito lo ritroviamo nell'elenco dei titoli romani partecipanti al Sinodo del 499, ma insieme al titolo di Pammachio. Si ha menzione della vitalità del Titulus Byzantis almeno sino ai primi decenni del VI secolo; prevarrà poi solo il titolo di Pammachio, che verrà indifferentemente ricordato dalle fonti con la nuova titolatura Sanctorum Iohannis et Pauli (così nel Sinodo del 595). Quest'ultima denominazione ebbe nei secoli una netta prevalenza in virtù del sempre più crescente intensificarsi del culto dei due martiri Giovanni e Paolo che la tradizione riferisce sepolti proprio all'interno del Titulus.

La basilica rivestirebbe così, nella storia dell'archeologia cristiana, una testimonianza unica nel suo genere: essa infatti unirebbe alla destinazione titolare anche quella martiriale, ospitando, caso eccezionale per gli usi dell'epoca, le tombe dei due Santi Giovanni e Paolo, martirizzati a Roma durante il regno di Giuliano l'Apostata. Essi vengono presentati dalla Passio come due alti funzionari della corte imperiale a cui Costantina, figlia di Costantino il Grande, avrebbe affidato i propri beni prima di partire dall'Italia con il marito Gallo. L'anacronistica ondata di nuove persecuzioni contro i Cristiani voluta da Giuliano colpì anche i due importanti personaggi: essi non solo erano ferventi Cristiani, ma anche i custodi dei beni di Costantina e perciò maggiormente invisi all'imperatore. Il supplizio avvenne nella loro casa sul Celio e i loro corpi vennero seppelliti sotto una scala che conduceva ai piani superiori dell'edificio. Secondo la tradizione altri tre santi, Crispo, Crispiniano e Benedetta, vennero in seguito sepolti non lontano dalle tombe di Giovanni e Paolo.

E' opinione comune che l'edificio di culto pammachiano si sia insediato su una precedente ambientazione cristiana pretitolare, pertinente al III secolo e comunque non oltre i primissimi anni del IV secolo. Tale istituzione, una domus ecclesiae, una casa cristiana "clandestina" anteriore all'editto di tolleranza del 313, avrebbe sfruttato alcuni ambienti di edifici preesistenti senza apportare ad essi alcuna modifica architettonica che la potesse connotare esternamente con un edificio adibito al culto cristiano. Va ricordato che nell'area ove oggi sorge la basilica esistevano anticamente diverse costruzioni: una domus privata del II secolo localizzata sotto la navata destra della attuale basilica, che prospettava sulla odierna Via del Tempio di Claudio; un'insula del III secolo con botteghe al piano terreno che si affacciavano sul Clivo di Scauro e con appartamenti ai piani superiori, sotto la sezione ovest della navata centrale; una casa con botteghe, solo parzialmente scavata, sotto la zona est della navata centrale. La domus privata e l'insula erano divise da un cortile scoperto, concluso sul lato nord-ovest da un ninfeo. Al di sopra del ninfeo si sviluppava una decorazione ancora oggi visibile di grande pregio e datata, per ragioni iconografiche e stilistiche, al II, al III e di recente anche alla metà del IV secolo come propone Margherita Cecchelli: una scena marina al centro della quale, tra eroti su barche, sono raffigurate due figure femminili, l'una austera e ammantata, l'altra discinta a torso nudo. Davanti ad esse un personaggio maschile si rivolge loro tenendo in una mano una coppa, nell'altra un grappolo d'uva. Nella scena, diversamente interpretata, i più vogliono riconoscere Venere nella donna discinta, Peitho (la Persuasione) in quella ammantata e Bacco in quella maschile. La perdita di gran parte della decorazione presente sulle altre pareti del ninfeo non permette purtroppo di giungere a conclusioni definitive circa il tema del ciclo pittorico.

Nel corso del III secolo questo intero isolato subisce un radicale cambiamento di tipo strutturale, dovuto forse al suo acquisto da parte di un solo proprietario, divenendo un unico grande palazzo signorile. Le botteghe dell'insula, ristrutturate, perdono la loro funzione commerciale originaria e vengono adibite a vani di abitazione. Ed è proprio all'interno di uno di questi ambienti, chiamato L'Aula dell'Orante, che emergerebbero per alcuni studiosi le tracce della già citata domus ecclesia. Nell'ambito di una decorazione di soggetto generico pertinente alla fine del III - inizi del IV secolo, spicca infatti la figura di un'orante femminile, con il capo velato, vestita di un'ampia tunica e con le braccia aperte in un atteggiamento di beatitudine. Altri soggetti, tra cui personaggi maschili identificati come apostoli/filosofi e una scena simbolica di refrigerio ove compare una mulctra, la secchia di latte tra due pecore, verrebbero contestualizzati in ambito cristiano (Cecchelli). Verso la seconda metà del IV secolo, in seguito alla sepoltura dei due martiri, l'intero complesso celimontano avrebbe subito un ulteriore cambiamento della propria funzione: da residenza privata con area di culto annessa, a vero e proprio santuario ad corpus dove si potevano venerare le reliquie dei due Santi.

Tale operazione avvenne inizialmente senza apportare sostanziali modifiche alla situazione edilizia preesistente. Non trascorse però molto tempo, che si sentì la necessità di dare un maggior risalto alle due sepolture. Queste vennero pertanto monumentalizzate creando una confessio presso la prima rampa della scala sotto la quale erano stati sepolti i corpi dei martiri. Al centro della parete di fondo del piccolo ambiente una finestra (fenestella confessionis) permetteva di affacciarsi direttamente sulle tombe sottostanti. Dipinti databili al tardo IV secolo decoravano la confessio con scene relative alla vita dei due santi. Tale sistemazione venne pensata proprio in funzione della soprastante aula di culto pammachiana, l'attuale basilica dei Santi Giovanni e Paolo, costruita tra la fine del IV e la prima metà del V secolo.

Il nuovo edificio di culto andò ad occupare il primo piano dell'insula e parte della domus privata. All'interno non è più visibile la sistemazione originaria in quanto snaturata da lavori di ristrutturazione succedutisi nel corso dei secoli, in particolare nel XVIII secolo. Al contrario l'aspetto esterno è in gran parte conservato: lungo il Clivo di Scauro si può attualmente vedere la parete della facciata principale dell'insula riutilizzata nella sua quasi totalità come alzato della navata sinistra della basilica. La facciata, invece, oggi completamente restaurata, ebbe un ingresso a polifora formato da cinque archi sostenuti da quattro colonne con capitelli corinzi di reimpiego.

Per maggiori informazioni sulla visita guidata dei sotterranei della basilica dei Santi Giovanni e Paolo con le domus romane al Celio, per le scuole, inviare una mail a inforomabella@virgilio.it, o compilare il form sotto. Gli INGRESSI SONO GRATUITI per alunni e docenti presentando l'elenco nominativo su carta intestata della scuola.