BASE DEI DECENNALI, COLONNA DI FOCA, LACUS CURTIUS, EQUUS DOMITIANI, BASILICA GIULIA
BASE DEI DECENNALI
Molti monumenti onorari, eretti in momenti diversi, dovevano affollare la piazza del foro romano. Alcuni si conservano, di altri ci resta solo la base, che doveva sostenere la statua o la colonna vera e propria, con la dedica che ci illumina sul motivo e sul momento della onorificenza.
Si nota quindi una base decorata a rilievo, posta di fronte all'arco di Settimio Severo, la quale doveva sorreggere una colonna onoraria. Essa è detta Base dei Decennali perché fu eretta in occasione del decimo anniversario del regno dei Cesari nella Tetrarchia Dioclezianea (303 d.C.).
Osserviamo sul lato nord della base verso la via Sacra due Vittorie Alate che reggono uno scudo con l'iscrizione celebrativa caesarum decennalia feliciter. Il lato est mostra una processione di togati, probabilmente senatori. Sul lato ovest sono visibili i tre animali destinati al sacrificio più importante, detto Suovetaurilia, insieme ad inservienti e ad un personaggio togato. Il lato sud mostra un altro sacrificio: il personaggio centrale, probabilmente il Cesare celebrato, si trova davanti all'altare. Una Vittoria lo incorona, alla presenza di Marte stesso, nudo e con l'elmo, la dea Roma come figura seduta, la divinità del Sole dalla testa radiata, e una figura barbata, in toga, che dovrebbe rappresentare il Genio del Senato, oppure l'Augusto suo predecessore nella successione del regno. Completano la scena un piccolo inserviente con la cassetta dell'incenso, un flautista ed un sacerdote (flamen Martialis) riconoscibile dal caratteristico copricapo a punta.
COLONNA DI FOCA
Dal lato della Basilica Giulia svetta la colonna di Foca che ha un suo valore simbolico in quanto risulta essere l'ultimo monumento di cui abbiamo testimonianza, eretto nel foro romano nel 608 d.C. Riutilizzando una colonna già esistente, probabilmente del II secolo d.C., l'esarca d'Italia Smaragdo dedicò questo monumento all'"ottimo clementissimo e piissimo principe" l'imperatore bizantino Foca, il quale in realtà aveva ucciso il suo predecessore insieme a tutti i suoi cinque figli, per di conquistare il trono, nel 602 d.C. Egli fu però ucciso a sua volta un anno dopo questa dedica. Probabilmente la colonna era stata fatta erigere dal papa Bonifacio IV in segno di gratitudine per la donazione da parte di Foca del Pantheon, poi trasformato in chiesa.
Una fila di sette colonne chiudeva la piazza del foro verso il lato sud, erette probabilmente negli stessi anni della base dei decennali. A sinistra della Curia si trova la base di una statua dedicata a Marte e ai fondatori della città da parte di Massenzio.
LACUS CURTIUS
Il Lacus Curtius è legato ad una serie di leggende tramandateci dalle fonti. Esso è riportato in un episodio della guerra Romano - Sabina, quando nel bel mezzo di una battaglia il capo dei Sabini, Mettius Curtius, sarebbe caduto nella palude del Velabrum, riuscendo comunque a salvarsi. Secondo un'altra versione sarebbe invece un guerriero romano, di nome Marcus Curtius, a essersi gettato in una voragine che si era aperta dopo un terremoto o altro cataclisma nel 362 a C.
Prima i Romani avevano cercato invano di riempire la voragine con terra, ma essendo tutti gli sforzi risultati vani, chiesero consiglio ad un oracolo. Gli indovini esortarono i Romani a sacrificare "la cosa più preziosa che avessero" e Marco Curzio, da prode guerriero quale era, pensò che gli Dèi chiedessero il dono della vita e si sacrificò ai Mani con il rituale della Devotio, gettandosi con il suo cavallo nella voragine. Possiamo osservare questa scena sul calco del rilievo posto vicino al recinto. Una terza spiegazione sarebbe legata al nome di Gaius Curtius, console nel 445 a.C., il quale avrebbe fatto recingere il luogo sacro in quanto colpito dal fulmine.
Osserviamo la costruzione rotonda in tufo friabile, detto cappellaccio, nel mezzo del recinto dodecagonale, il quale si trova ad un livello più basso della pavimentazione circostante; probabilmente si tratta della base di un pozzo.
EQUUS DOMITIANI
Durante gli scavi del 1904 venne scoperto un incavo di forma rettangolare nella pavimentazione della piazza, profondo circa un metro, interpretato come la traccia lasciata dal basamento della statua equestre in bronzo di Domiziano. Sappiamo che la statua, eretta nel 91 d.C., venne rimossa in seguito alla damnatio memoriae dopo la morte dell'imperatore nel 96 d.C.
Grazie ad una raffigurazione di una moneta dell'epoca e alla descrizione del poeta Stazio, conosciamo anche l'aspetto originario del monumento. Raffigurava l'imperatore a cavallo, con la testa di un barbaro (personificazione del fiume Reno) sotto una delle zampe anteriori a ricordare le vittorie in Germania.
In base ad una recente ed attendibile ricerca, però, sappiamo che la statua si doveva trovare appena più a nord, dove la pavimentazione risulta rifatta.
Ancora sono visibili tre blocchi di travertino con un foro quadrato al centro: essi sono cavi e devono essere interpretati come teche lapidee. In un quarto blocco più grande, infatti, furono rinvenuti cinque vasi del 675 a.C. circa. Evidentemente questi vasi furono rispettati durante i lavori di epoca augustea per ripavimentare la piazza, quando i blocchi di travertino furono coperti. E' stato proposto un interessante collegamento con un toponimo noto dalle fonti antiche, quello dei Doliola, o piccoli dolii. Furono trovati due scheletri nello stesso scavo, di una giovane di 14-15 anni con i resti di un feto di tre mesi, e di un uomo sui 25-30 anni. Dall'assenza di corredo e dalla posizione innaturale dei loro corpi, si è dedotto che essi probabilmente erano stati legati e uccisi. Possiamo dunque pensare a sacrifici alle divinità infere, collegate al luogo paludoso quale doveva essere la parte centrale del foro, o anche alla morte per seppellimento di una Vestale (e del suo complice), venuta meno al voto di castità.
BASILICA GIULIA
La costruzione della basilica Giulia fu iniziata da Giulio Cesare, dal quale prende il nome, nel 54 a.C. La basilica occupò l'area già in precedenza occupata dalla basilica Sempronia, fatta costruire nel 169 a.C., poco dopo la basilica Emilia, ad opera di Tiberio Sempronio Gracco, il padre dei due famosi tribuni della plebe.
Scavi degli anni '60 del Novecento hanno portato alla luce i resti della prima costruzione, mostrando fondazioni in tufo di Grotta Oscura con marchi di cava, mentre il pavimento era formato da lastre di travertino. Essi si sovrappongono al loro volta ai resti di una casa privata: sappiamo infatti dalle fonti che la casa di Scipione l'Africano deve essere localizzata qui e che alla sua morte fu acquistata con denaro pubblico per permettere la costruzione della basilica.
Essendo la basilica Giulia più grande di quella precedente, occupava anche la zona prima interessata dalle botteghe che fiancheggiavano il suo lato lungo, dette Tabernae Veteres.
I lavori furono portati a termine soltanto da Augusto. La basilica si trova tra il tempio di Saturno e quello dei Dioscuri ed è delimitata dal vicus Iugarius a ovest e dal vicus Tuscus a est. Quest'ultima strada, in base ad una versione tramandataci, prendeva il nome dagli Etruschi arrivati a Roma e stabilitisi in questa area al seguito del re Tarquinio Prisco.
L'incendio del 283 d.C. dovette causare gravi danni e l'edificio fu quasi interamente ricostruito da Diocleziano. La planimetria attuale mostra un edificio a cinque navate, con una grande navata centrale circondata da un doppio ambulacro. Un terzo portico doveva esistere sul lato verso il foro, segnato oggi solo da tre gradini in marmo.
Quasi tutto ciò che vediamo oggi è di restauro, come i pilastri in mattoni che scandiscono le suddivisioni interne. Sappiamo però, in base alle testimonianze letterarie e ad alcune raffigurazioni, che la navata centrale doveva comprendere tre piani, mentre il portico più esterno, verso il foro, mostrava la facciata scandita da arcate in ordine tuscanico probabilmente per una altezza di due piani. L'altezza presunta della navata centrale doveva arrivare a m. 30 circa, con una copertura a due spioventi. Una parte dell'alzato si conserva nell'angolo nord-ovest, anche se è frutto di molti restauri dall'età di Diocleziano all'età moderna. Il pavimento era marmoreo policromo nella navata centrale, a mosaico bianco e nero negli ambulacri laterali.
Sulle gradinate rivolte verso il foro, infine, si possono osservare tabulae lusoriae (tavole da gioco come scacchiere o filetto) graffite, eloquenti testimoni delle lunghe ore trascorse oziando o conversando da parte dei cittadini romani seduti sulle gradinate, in attesa di qualche novità politica o giudiziaria!
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