IL PROGRAMMA DECORATIVO DELLA NAVATA CENTRALE DI SAN PIETRO IN VATICANO
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Michelangelo aveva immaginato l'interno del suo tempio a croce greca senza grandi decorazioni, con le pareti completamente spoglie e modellate solo dagli elementi architettonici. Una concezione possente e unitaria che però, dopo il prolungamento disegnato da Maderno, fece apparire la nuda vastità della basilica troppo fredda e severa. Nel progetto di abbellimento pensato dalla Congregazione della Reverenda Fabbrica, al di là delle scelte estetiche affidate ai singoli artisti, si pose in primo piano la funzione didattica dell'arte, facendo in modo che le varie opere, i loro contenuti e i valori che avrebbero trasmesso, fossero strettamente legati all'insegnamento e alla diffusione del messaggio cristiano. Questi intenti si colgono nelle principali imprese decorative quali i mosaici nelle cupole, la rassegna delle 28 grandi Virtù in stucco e la serie delle 39 statue di Santi Fondatori di ordini religiosi. Il vasto e diversificato programma ebbe inizio alla fine del Cinquecento durante il pontificato di Gregorio XIII (1572-1585): la prima cappella ad essere rivestita in mosaico fu la Gregoriana, nel 1576. Ad essa seguì la grande cupola centrale, iniziata nel 1598, e subito dopo la cappella Clementina per il Giubileo del 1600. Ma l'impronta decorativa decisiva, soprattutto con i rivestimenti marmorei dei pilastri e gli inserimenti scultorei nella navata centrale, si deve alle idee di Gian Lorenzo Bernini ed al lavoro dei suoi collaboratori.
Il marmo, pietra dalle grandi possibilità plastiche, resistente al tempo e dalle infinite sfumature cromatiche, fu il materiale preferito per la decorazione e l'abbellimento della basilica vaticana. I volumi della basilica sono esaltati ed animati nei colori della pavimentazione, delle basi, delle colonne e dei monumenti, impreziositi dai cangianti rivestimenti cromatici nelle specchiature dei pilastri. Anteriormente alla costruzione della grande navata, il pavimento della basilica era stato decorato solo nella zona dell'ottagono centrale, su disegno di Giacomo della Porta. La prima cappella ad essere completata in tutte le sue parti era stata nel 1580 la Gregoriana, a quel tempo definita "la più bella e ricca del mondo", alla quale seguì la pavimentazione nell'area della Confessione, sotto la cupola, e nel 1601 la cappella Clementina. Il vasto spazio della nuova navata centrale rimase privo di qualsiasi ornamento per più di 30 anni, ricoperto da un semplice mattonato. Nel 1645, in vista delle celebrazioni dell'Anno Santo, la Congregazione della Reverenda Fabbrica incaricò Bernini di progettare l'intera decorazione sia della navata centrale che delle cappelle adiacenti, estendendola dalla pavimentazione ai rivestimenti delle pareti, sino alle volte. Dal luglio 1646 al gennaio 1649 arrivarono in San Pietro enormi quantità di marmo bianco di Carrara, insieme al negro di Carrara, porta santa, africano, giallo brecciato, broccatello, nero antico, diaspro di Sicilia, rosso di Francia, porfido verde e rosso, ed ancora tante altre varietà di minerali, sia di importazione che di scavo.
Il piano decorativo di Bernini fu duramente criticato. Oltre alla spesa che si doveva affrontare per l'acquisto dei costosi materiali, a parere di alcuni era inaccettabile che l'ingresso dell'edificio potesse presentarsi più fastoso del suo stesso santuario, rappresentato dall'area della Confessione, sotto la cupola. Per risolvere la questione intervenne personalmente Innocenzo X, che approvò il progetto di Bernini e si appellò all'autorità dei Padri della Chiesa, ricordando che essi avevano rivelato che la Croce di Cristo era composta da quattro legni differenti. Il papa sostenne che le chiese cristiane, e San Pietro in particolare, restituivano nella loro struttura architettonica il disegno della Croce. Pertanto, non vi era nulla di scandaloso se una delle sue membra fosse risultata diversa dalle altre. Nel 1649 gli scalpellini poterono iniziare il cantiere, rifacendosi a cartoni disegnati da Guidubaldo Abbatini. Alla conclusione dei lavori, segnalati da un avviso datato 25 settembre 1649, l'intervento berniniano inaugurò il gusto per l'estetica sfarzosa, ripreso in molte chiese e palazzi romani ed imitato nelle corti di tutta Europa.
Per la decorazione delle superfici dei pilastri nella navata centrale Bernini si avvalse, per la prima volta, del consistente numero di 41 collaboratori, reclutando ogni scultore disponibile in quel momento, tra i quali: Andrea Bolgi, Ercole Ferrata, Cosimo e Jacopo Antonio Fancelli, Antonio Raggi, Lazzaro Morelli, Baldassarre Mari, Bartolomeo Cennini, Clemente Giovannozzi, Girolamo Lucenti, Giuseppe Peroni, Niccolò Menghini, Orfeo Boselli, Matteo Bonarelli, Francesco Baratta, Cosimo Fanzago, Jacopo Balsimelli, Niccolò Sale, autore del modello della colomba araldica di Innocenzo X, ed alcuni giovani artisti francesi, Michael Anguier, Claude Poussin, Gervase Derouet. Su ogni pilastro, rivestito in marmo di Cottanello, Bernini progettò due coppie di putti, o cherubini, in marmo bianco, che sorreggono medaglioni ovali con i ritratti dei primi 56 papi martiri, da San Pietro a Benedetto I (575-579), secondo una cronotassi preparata dallo storico Francesco Maria Torrigio (1580-1650). Al centro, un'altra coppia di putti mostra le insegne dell'autorità papale: chiavi, triregno e libri. Per facilitare l'esame e accelerare la risposta della Congregazione incaricata di sovraintendere ai lavori, nel gennaio 1646 Guidubaldo Abbatini dipinse due modelli in tela a grandezza naturale raffiguranti due differenti soluzioni. Determinata la scelta, in poco più di 1 anno erano pronti 56 medaglioni, 192 cherubini e 104 colombe.
Nel biennio 1647-1649, Bernini estese il programma decorativo anche sull'estradosso dei grandi archi che dalla navata centrale immettono nelle navate laterali facendo modellare, così come era stato fatto tra il 1599 ed il 1600 nelle cappelle Gregoriana e Clementina, una galleria di 16 Virtù alte 6 metri, ispirate alla iconografia barocca codificata da Cesare Ripa. I decenni centrali del 1600 furono dunque anni di grandi imprese per la decorazione di San Pietro, durante i quali l'aspetto severo di chiesa disadorna venne pian piano a modificarsi. Contemporaneamente all'avanzamento del programma decorativo delle virtù allegoriche ed alla realizzazione dei monumenti funebri, nei primi anni del 1700 ebbe inizio l'ultimo grande ciclo scultoreo della basilica, dedicato ai Santi Fondatori di Ordini e Congregazioni Religiose. Come luogo per accogliere le nuove statue si scelse la soluzione di occupare le grandi nicchie comprese tra le lesene della navata centrale e dei tre bracci absidali: 39 in tutto, in quanto una era già occupata dalla statua bronzea di San Pietro. In precedenza, questi spazi accoglievano statue allegoriche confezionate con sagome di carta, legno e altri materiali leggeri, collocate in occasione di particolari cerimonie quali le beatificazioni e le canonizzazioni.
Con questa soluzione permanente, la navata maggiore venne così assumendo la sua veste definitiva. La decisione di avviare la nuova serie di statue era stata deliberata nel 1668 dalla Congregazione della Reverenda Fabbrica ma solo nel 1706 fu possibile dare corso al progetto con la statua di San Domenico, eseguita da Pierre Le Gros il Giovane per la nicchia inferiore destra nella Tribuna della Cattedra. Inevitabilmente sorsero contrasti per la scelta delle nicchie più in vista, così nel 1752 fu stilato un apposito decreto per regolamentare le assegnazioni delle nicchie secondo precise norme, in parte osservate ancora ai nostri giorni.
Al termine della navata centrale, addossata al pilone denominato "di San Longino", sopra uno zoccolo di marmi pregiati e metalli dorati è posta la statua bronzea di San Pietro. Seduto su una cattedra marmorea, realizzata nel 1757 dallo scultore Domenico Giovannini in sostituzione di quella disegnata tre anni prima da Luigi Vanvitelli, San Pietro è vestito con il pallio filosofico. La mano sinistra stretta al petto impugna le chiavi, la destra è sollevata nel gesto della benedizione. Il piede destro sporge dalla base, consumato dal bacio dei fedeli. La datazione e la attribuzione della statua sono un'antica questione tuttora irrisolta, che ha visto proposte di collocazione cronologica lontanissime, oscillanti tra l'età paleocristiana e il tardo Duecento. Attualmente la critica è quasi unanime nell'assegnare il bronzo allo stretto ambito di Arnolfo di Cambio noto anche come Arnolfo di Lapo (Colle Val d'Elsa, 1232 o 1240 circa - Firenze, 8 marzo 1302-1310 circa).
Al di sopra della statua, un medaglione in mosaico raffigura papa Pio IX Mastai Ferretti. Il 16 giugno 1871 il pontefice aveva festeggiato i suoi 25 anni di pontificato, primo papa nella storia a superare il leggendario traguardo. Solo il Principe degli Apostoli aveva guidato la Chiesa così a lungo e, secondo una consolidata tradizione, a nessun altro sarebbe stato concesso di regnare per più di un quarto di secolo. Per la memoria di una ricorrenza tanto significativa il Clero Vaticano, su progetto di Virginio Vespignani, fece decorare a mosaico da Pietro de Vecchis e Gioacchino de Angelis, la parete dietro la statua bronzea, sopra la quale fu posto un baldacchino, alla maniera di una cattedra episcopale. Commemorano l'evento il tondo con il ritratto di Pio IX eseguito da Giovanni Ubizi ed un'epigrafe in latino nella quale si legge: "a Pio IX, pontefice massimo, che per primo completò gli anni di Pietro nell'episcopato romano, il Clero Vaticano ornò questa sacra sede, il 16 giugno 1871". I due torcieri in bronzo ai lati della statua con le storie dei Santi Pietro e Paolo furono commissionati nel 1972 da Paolo VI allo scultore emiliano Egidio Giaroli.