LA CAPPELLA DELLA PIETA' NELLA NAVATA DESTRA DI SAN PIETRO
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All'inizio della navata laterale di destra si trova la cappella un tempo dedicata al Crocifisso per la presenza di una scultura lignea con il Cristo morente, inserita sulla croce di marmo ancora visibile sul fondo. Cambiò nome nel 1749, quando Benedetto XIV Lambertini vi fece trasportare la Pietà di Michelangelo dalla Cappella del Coro.
La decorazione all'interno, opera di Giovanni Lanfranco, è in linea con la tradizione antica che voleva che all'entrata di una chiesa si trovasse un'immagine del Crocifisso, se non proprio una cappella con il Redentore in Croce. Nel suo rivestimento, essa costituisce un unicum in tutta la basilica, per la scelta della tecnica dell'affresco, qui non sostituito con il mosaico. Al centro è la raffigurazione di una schiera di angeli nella Esaltazione della Croce. Ai lati, incorniciati da rilievi in stucco dorato eseguiti da Agostino Ciampelli, sono ricordati 8 momenti delle Storie della Passione. Sul lato destro, Flagellazione, Cristo davanti a Caifa, Ecce Homo. Nella lunetta, Incoronazione di spine. Sul lato sinistro, Tradimento di Giuda, Cristo nell'orto degli Ulivi, Cristo davanti a Pilato. Nella lunetta, Salita al calvario.
Sulla parete di sinistra è una riproduzione moderna in argento del Crocifisso carolingio, eseguita sul modello in creta, oggi nella Fabbrica di San Pietro, tratto a suo tempo dall'originale che si trovava nella basilica costantiniana, fuso nel 1550.
Il GRUPPO SCULTOREO DELLA PIETA' fu eseguito da Michelangelo, ancora ventitreenne, per il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas, abate di Saint-Denis e ambasciatore di Carlo VIII presso Papa Alessandro VI Borgia. Il prelato, che aveva richiesto la scultura per decorare la propria tomba nella antica cappella dedicata a Santa Petronilla, morì poche settimane dopo il completamento dell'opera. Al momento dell'incarico, nel 1498, Michelangelo era giunto a Roma da appena 2 anni e aveva già realizzato 2 opere: un perduto Cupido e un Bacco per il banchiere Jacopo Galli, lo stesso che si farà garante per il buon esito del lavoro vaticano. Terminata nel 1499, la Pietà apparve subito un capolavoro assoluto, ancor più sorprendente per uno scultore così giovane. Sulla cintura è incisa la firma per esteso, un particolare, come ricordò Benedetto Varchi nell'orazione funebre per l'artista, mai più ripetuto nelle opere successive: MICHAELANGELUS BONAROTUS FLORENT(INUS) FACIEBAT. Nel 1544 la cappella di Santa Petronilla venne abbattuta per fare spazio alla costruzione della nuova basilica e la Pietà fu trasportata nell'antico secretario, situato sul lato sinistro della facciata, uno dei luoghi dove il papa indossava i paramenti quando celebrava a San Pietro. Nel 1568, su proposta del canonico Vaticano Antonio Carafa, venne trasferita ancora una volta e collocata sull'altare della cappella del Coro, costruita da Sisto IV e dedicata alla Immacolata Concezione. La nuova sistemazione mostrò subito degli inconvenienti: la scarsa illuminazione dell'interno rendeva l'opera poco visibile ed i visitatori non potevano accedere alla cappella durante le liturgie capitolari. A queste limitazioni cercò di porre rimedio un altro canonico, Ludovico Bianchetti, che approfittando dell'anno santo del 1575, le pose intorno un ornamento di marmo e la collocò su un sostegno che, pur se più degno e ricco, la nascose maggiormente. Nel 1609, quando Paolo V approvò la costruzione della nuova navata, la Pietà fu spostata di nuovo ed in previsione di essere ricollocata nel nuovo Coro, ospitata temporaneamente nell'ambiente predisposto per l'officiatura dei canonici, il transetto sinistro, sull'altare dei Santi Simone e Giuda, oggi di San Giuseppe.
A seguito della decisione di ornare l'altare della cappella del coro con un quadro in mosaico raffigurante l'Immacolata Concezione, si osservò che la presenza di due Madonne sullo stesso altare non era ammissibile. Per questo, la notte del 3 dicembre 1749 Benedetto XIV ordinò l'ulteriore e definitivo spostamento, insieme al basamento ellittico di cottanello, eseguito nel 1626 da Francesco Borromini, poi modificato nel 1968.
Pur essendo uno dei primi lavori, la Pietà testimonia la piena maturazione artistica di Michelangelo, il quale accentuò volutamente la giovinezza della Madonna discostandosi nettamente dalla tradizione figurativa che voleva Maria rappresentata in età più avanzata. Così, ella viene ad incarnare il simbolo della vita eterna. La Madonna, contemporaneamente Vergine e Madre, conserva l'immacolata giovinezza del volto, pur lasciando trasparire, attraverso il suo assorto silenzio, tutto il dolore per la morte del Figlio, che appare dolcemente adagiato sul suo grembo, quasi senza peso. La figura del Cristo non ha la rigidità di un corpo privo di vita né mostra i segni delle ferite, come volevano raffigurarlo i realisti. È l'umanità perfetta del Dio-Uomo, non deformata dalla morte e non deturpata dai supplizi subiti. La Pietà è l'opera più completa e virtuosa di Michelangelo, ma anche la sua realizzazione più commossa, pervasa da un dolore straziante ma serenamente contenuto.
Nella "Vita" di Michelangelo scritta da Giorgio Vasari, storiografo ed autore di una celebre raccolta di biografie di artisti, si legge: "E' un miracolo che un sasso, da principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione che la natura a fatica suol formare nella carne".